Il “giallo di Kubrick” risolto da Filippo Ulivieri
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Filippo Ulivieri ha risolto i misteri del “giallo Kubrick”. Ulivieri, profondo conoscitore dell’opera di Kubrick ha “riaperto” il caso, della sceneggiatura dal titolo “le ultime cento ore” che fu attribuita a Kubrick, appunto, dipanando una volta per tutte quel mistero troppo frettolosamente archiviato. Quasi come in una serie tv, “il “Cold Case” è stato riaperto e sembra, finalmente risolto.
L’antefatto in breve: Alla Biblioteca “Luigi Chiarini” del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma è conservata una sceneggiatura dattiloscritta del 1964 intitolata Le Ultime Cento Ore, attribuita a Stanley Kubrick, della quale non esiste traccia in nessuna monografia, filmografia, studio. Si tratta di una copia di deposito legale catalogata nei primi anni ’90. Il primo a sollevare dei dubbi sull’autenticità del copione fu Tullio Kezich nel 1999 sollevando un gran polverone sulla stampa nazionale, quello che venne definito il “giallo Kubrick” rimase irrisolto fino ad oggi. Si era ipotizzato che la sceneggiatura fosse una traduzione dall’originale, poi che fosse stato usato il nome del famoso regista per ottenere i finanziamenti per produrre il film, poi il cognato di Kubrick tentò di confermare l’esistenza di quella sceneggiatura cercando di trarne benefici. Insomma, una lunga e complicata vicenda di cui finalmente sembra essere giunta un definitivo chiarimento.
Grazie alla passione di uno studioso kubrickiano, Filippo Ulivieri, che non si è accontentato di come la questione fosse stata accantonata, che ha svolto accurate e approfondite indagini analizzando la sceneggiatura, lo studioso ha rilevato alcune similitudini con un film realizzato da Kubrick risalendo alla verità… Gli amanti del giallo e del regista, potranno leggere la spiegazione del “giallo di Kubrick” raccontata direttamente “dall’investigatore” cliccando al seguente link, che rimanda al sito del Centro Sperimentale di Cinematografia, un racconto divertente e dettagliato di come Ulivieri è giunto alle sue conclusioni: “IL GIALLO DI RUBRICK”
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