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“87 ore” di Costanza Quartiglio in anteprima al Festival Arcipelago

“87 ore” di Costanza Quartiglio in anteprima al Festival Arcipelago

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87 ore di Costanza Quartiglio

87 ore di Costanza Quartiglio

Costanza Quatriglio presenta il film !87 ore” sulla morte assurda di un maestro elementare sotto gli occhi delle telecamere. Per la prima volta in sala, in anteprima  al Festival ARCIPELAGO (alle ore 22.00 al Teatro Palladium di Roma), il nuovo film di Costanza QUATRIGLIO “87 ore – gli ultimi giorni di vita di Francesco Mastrogiovanni”, domani venerdì 6 novembre. Il film racconta degli ultimi giorni di Francesco Mastrogiovanni, maestro elementare di 58 anni originario di Castelnuovo Cilento, legato al letto di contenzione fino alla morte, sopraggiunta appunto dopo 87 ore, ripreso dallo sguardo meccanico e disumanizzante di nove videocamere di sorveglianza poste all’interno del reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania. Un documento unico perché le telecamere hanno permesso di testimoniare per la prima volta, come se fosse un racconto, il fatto che il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) venga spesso usato come strumento di repressione e punizione. Una violazione dei diritti umani all’ordine del giorno nel nostro paese, sulla quale si batte da anni l’associazione A Buon Diritto di Luigi Manconi che ha partecipato alla scrittura del film. E Amnesty International, presente oggi alla conferenza stampa.
Il film arriva oggi alla vigilia della sentenza d’appello (dopo la prima condanna dei medici per omicidio).
Scritto da Costanza Quatriglio con Valentina Calderone e Luigi Manconi dell’Associazione A Buon Diritto, con la testimonianza della nipote di Francesco Mastrogiovanni, Grazia Serra, e dei suoi genitori, il film è prodotto da Marco Visalberghi (Sacro Gra) per DocLab col patrocinio di Amnesty International e in collaborazione con Rai 3. Le musiche sono di Marco Messina, Sacha Rizzi e 99 Posse.
Dopo l’anteprima al Festival Arcipelago sarà in sala a Roma e Milano dal 23 novembre, distribuito da Cineama, e in onda il 28 dicembre su Rai 3.
“In quel mondo a circuito chiuso, le videocamere di sorveglianza servivano a osservare i pazienti. – dichiara Costanza Quatriglio – Immagini a scatti che restituiscono la meccanicità della procedura, la reificazione dei corpi, una disumanità filmata da un occhio disumano che si sostituisce alla relazione degli esseri umani con gli altri esseri umani. Quando ho cominciato a studiarle, mi sono apparse immediatamente come l’espressione del grado zero della coscienza. I corpi bidimensionali, privati di ogni soggettività, inseriti in un meccanismo che porta all’assuefazione, all’addormentamento della ragione. Tutt’altro che facile decidere di realizzare il film e tutt’altro che facile portarlo a compimento. … Ed è sempre e solo la narrazione il fine ultimo del film, perché solo attraverso la narrazione si può elaborare l’orrore a cui è stato sottoposto Francesco Mastrogiovanni. Ciò che non vediamo e ciò che vediamo si completano. La narrazione, quindi, non ha per oggetto l’evidenza sconcertante dei fatti ripresi da quelle videocamere di sorveglianza, ma la portata di senso di quei fatti e la loro elaborazione. … Oggi le videocamere di sorveglianza sono il nuovo punto di vista sul mondo; per certi versi è quanto di più contemporaneo esista, ma c’è una cosa che rende questo non-luogo un luogo archetipico: il modo in cui viene esercitato il potere sul corpo umano. Solo un diverso modo di guardare può interrompere la catena di uno sguardo organico al potere: a dirci come è morto Mastrogiovanni non è infatti il racconto della sua sofferenza, né la crudele indifferenza di quelle immagini, ma uno sguardo, uno sguardo umano, quello del medico legale che osserva il corpo ormai libero da quelle cinghie di contenzione che per giorni hanno stretto caviglie e polsi. L’osservazione diretta, l’unica osservazione possibile, di un essere umano verso un altro essere umano. La relazione con un corpo che non può più parlare ma che può essere ancora ascoltato.”

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