“Uno per Tutti” un puzzle che si rivela solo nel finale. Recensione
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“UNO PER TUTTI” di Mimmo Calopresti. Recensione di Andrea Gentili. Quando Gaetano Savatteri scrisse la storia di tre amici uniti da un inconfessabile segreto, mai più avrebbe pensato che ad un regista, sia pure del calibro di Calopresti, venisse in mente di affidare la parte più tragica del suo romanzo ad un comico di razza quale è Giorgio Panariello.
In effetti se la comicità è a volte tragedia, la scelta si è rivelata giustissima perché il bravo Giorgio che è talmente entrato nella parte di un poliziotto che deve scegliere tra il dovere e le passate amicizie, riesce benissimo ad esprimere l’angoscia che lo attanaglia e la sua personale situazione che, in fondo, non è poi così diversa da quella degli altri suoi amici d’infanzia: un costruttore poco meno che pescecane, un medico calabrese scontento del suo lavoro ed il personaggio poliziotto già descritto si ritrovano ad affrontare una situazione particolarmente delicata perché il “ figlio di mamma “ del costruttore ne ha combinata una delle sue e finisce arrestato proprio dal poliziotto amico di suo padre il quale, a sua volta, chiede l’aiuto all’altro amico, il medico, che si precipita, dalla lontana Calabria, a Trieste per aiutarlo; capiremo poi che non raggiunge Trieste soltanto per aiutare l’amico ma anche per un suo antico ed ancora radicato motivo………
Trama complessa e lenta da digerire quella del film di Mimmo Calopresti, raccontata con immagini che forniscono solo pochi indizi per volta e che appaiono difficilmente ricomponibili in un unico puzzle, un puzzle che si compone poi da solo soltanto alla fine quando le immagini diventano talmente esplicite che non è possibile non capire.
Certamente i due che interpretano gli amici d’infanzia del poliziotto, Fabrizio Ferracane ( il costruttore pescecane ) e Thomas Trabicchi ( il medico soccorritore ) sono bene all’altezza della situazione; discorso a parte merita Isabella Ferrari, la moglie del costruttore e della quale è da tanto tempo innamorato il medico: lei recita bene la parte della madre delusa e della moglie insoddisfatta che si rifugia nelle arti marziali e nel buddismo, ma tutto il suo impegno resta, come dire, limitato, stretto in un angolo, quasi ridotto a supporter degli altri due, con una pronuncia dialettale che non so quanto possa essere apprezzata dagli abitanti della città di San Giusto.
Molto bello il costante parallelo tra gli avvenimenti vissuti dai tre amici in età bambina e quello del momento attuale, vero leit motiv del film che di per se vuole dimostrare quanto nella vita siano ricorrenti i fatti storici, nel bene e nel male ma che in fondo esalta, e parecchio, il valore del senso di responsabilità al quale ognuno di noi dovrebbe sempre riferirsi: il fatto vissuto dai tre bambini si riflette per sempre su ognuno di loro e soltanto per uno di quegli inspiegabili casi del destino che ogni tanto si verificano essi si ritrovano a combattere, ma anche a collaborare, tra di loro.
Il soggetto, in fondo, non appare di assoluta originalità perché già in passato l’argomento è stato trattato da altri films ( vedi ad es. Il capitale umano, Anime nere ) e proprio per questo inevitabile confronto non ci sentiamo di affermare che questa pellicola rappresenti una grande opera che, comunque, vale la pena di vedere.
“Uno per tutti” di Mimmo Calopresti in sala dal 26 novembre.
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