“La Rete del Diavolo” di Stefania Rossella Grassi, in anteprima alcune immagini dal set
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La tenacia e la determinazione sono l’elemento centrale della vita e della produzione artistica di Stefania Rossella Grassi, il leitmotiv della sua vita è non arrendersi davanti alle difficoltà. Come sceneggiatrice e adesso anche come regista Stefania Rossella Grassi ha appena annunciato il suo nuovo progetto cinematografico di cui è autrice e regista: “La Rete del Diavolo“. Un film che affronta in modo visionario una malattia, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), alla cui ricerca andranno un ampia parte dei proventi del film. Stefania è come un Davide che non si è arrende alle difficoltà incontrate nel suo cammino, nemmeno davanti ad un Golia come Robert De Niro a cui aveva
inviato il suo precedente lavoro, “L’Uomo in Frac”, che l’attore americano avrebbe fatto suo, realizzando il cortometraggio Ellis. “Solo per un caso sono venuta a conoscenza del cortometraggio, quando l’ho visto ho avuto un pugno allo stomaco. Era il mio uomo in frac…”, ci racconta la sceneggiatrice. Infatti in seguito a questa scoperta, c’è stata un’accusa molto pesante a cui è seguita una denuncia. Nonostante le difficoltà e lo scoramento, dicevamo, non si arrende Stefania ed è riuscita a mettere insieme un progetto molto promettente che vede nel cast attori internazionali come Randall Paul, per realizzare il sogno di una vita: vedere sul grande schermo la sua creatura. “La Rete del Diavolo” rappresenta il confine tra l’immaginario e la premonizione..Il dolore del corpo e la malattia”. Un film dal forte impatto internazionale; spingersi “oltre”, per raccontare l’amore “immaginario”. Il delirio di una solitudine. Una rete che lentamente andrà ad intrappolare un corpo. Il progetto ha un nobile fine, quello di sostenere le Associazioni, che si occupano di garantire l’assistenza domiciliare continua ai malati di Sla. Ha grandi ambizioni Stefania con questo suo progetto. Prima di tutto quella di smuovere la coscienza dell’opinione pubblica, oltre a quella di abbracciare il consenso di Alberto Barbera – Direttore della Mostra del Cinema di Venezia- e quello dell’Accademia Del Cinema Italiano – I David di Donatello- .
Una rivisitazione particolare dell’Inferno di Dante. Un progetto che vedrà in scena solo quattro attori, una rappresentazione Cinematografica / teatrale: Randall Paul -nel ruolo dello spirito del padre del protagonista- Angelo Grandi – interpreta Simon il pittore malato di SLA- Rossella Parco – il Diavolo-
In trattativa per il ruolo del mercante d’arte, due Grandi Attori internazionali.
Due Star anche come Direttore della Fotografia e Scenografo, il primo Bruno Cascio vincitore del David di Donatello, il secondo Gaetano Russo famoso scenografo e stretto parente del Regista Francis Ford Coppola.
Ad occuparsi delle trattative con il Cast Artistico e Tecnico sono proprio i Legali della Grassi; Antonio Petrongolo ed Enrico Clerici.
Lo Spin – off, anche se fatto velocemente, in un solo giorno e con attrezzature tecniche ridotte, promette un gran bel film, girato poi nella splendida location di Villa Bagatti Valsecchi a Varedo.
Ed ecco il soggetto della Rete del Diavolo, poetico e struggente, come spesso sono le sceneggiature scritte da Stefania Rossella Grassi.
“Italia, anno 1870″
L’uomo fu creato solo. Una singola anima. L’uomo può sollevare la propria anima, oppure trascinarla negli inferi più profondi. Egli può lasciare diversi dubbi su possibili realtà o assurda immaginazione, operare l’ ambiziosa paura di osare rimanendo comunque sempre conscio delle sue enormi potenzialità.
Simon è un pittore svuotato oramai del suo “genio”. L’uomo è ossessionato da un quadro. Il ritratto di una donna. Una sua opera. L’immagine di una donna che non ha mai conosciuto. Il quadro, costato a Simon fatica e dedizione, ritrae una Donna di straordinaria bellezza. Simon consuma attimi di amore immaginario con la visione in carne ed ossa, della donna dipinta nel suo quadro. Ogni notte l’uomo, in un “delirio”, si congiunge con la donna che vaga nuda per casa. Un barocco congegno ad incastro nella mente di Simon.
Sono spettri, che portano alla follia Simon, mettendolo in ginocchio dinanzi alla malattia degenerativa che avanza nel suo corpo. Le premonizioni di Simon si animano nei suoi quadri, sino a rappresentare la realtà che vive il mondo nel nostro secolo. Gli eventi che piegheranno il mondo, inflitti con crudeltà nella mente di Simon dallo spirito del padre che torna ad espiare le sue colpe di padre tiranno, meschino e crudele. Simon è schiacciato da immagini di violenza, uno dei temi più ricorrenti ormai nei suoi quadri, attraversando un divismo e una bellezza estetica capace di esaltare, ma che adesso diviene una spettacolarità ambigua. Dai quadri di Simon (premonitori) vediamo il tempo presente (2016) in alcuni casi; oppure il passato (futuro per il protagonista) come il cambiamento di prospettive provocato dal crollo del muro di Berlino e dalla fine della Guerra Fredda. Perché senza un nemico da combattere, i potenti si possono guardare allo specchio e fare i conti con se stessi. Ma la catarsi è al contrario, con il trionfo del male sul bene. Tutto in Simon è rompicapo che rimanda direttamente alla mente. Straziante e vuoto, come il sordo dolore della privazione. Una claustrofobia emotiva, dalla quale l’uomo non potrà evadere. Ma Simon resta un meraviglioso narratore di quella figura femminile, che ogni notte gioca e non si concede ormai più ai suoi occhi dannati e divenuti ciechi dalla malattia. Simon dipinge, nella totale solitudine.
Simon è un protagonista ristretto nello spazio del suo stesso corpo, che lo blocca, lo paralizza e lo tiene fermo, ed accusa suo padre – sentendone voce e presenza- dell’ennesimo straziante dolore.