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WONDER WOMAN, UN’EROINA CHE COMBATTE IL MALE CON LA FORZA DELL’AMORE

WONDER WOMAN, UN’EROINA CHE COMBATTE IL MALE CON LA FORZA DELL’AMORE

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Dopo più di settanta anni anche Wonder Woman approda finalmente sul grande schermo. Era l’unico personaggio strutturale della mitologia dei fumetti a non aver ancora ricevuto una trasposizione cinematografica. Negli anni settanta era sì protagonista di una serie TV di grande successo anche in Italia, ed interpretata dall’ iconica Lynda Carter.

Al punto, iconica, che non è assurdo ipotizzare che il film abbia dovuto attendere tutto questo tempo per essere realizzato perché non era ancora apparsa alcuna attrice in grado di replicare l’impatto di Lynda Carter.

Ci ha pensato Gal Gadot che, questa è la prima cosa che va ascritta come merito al film, è perfetta nel ruolo di Diana Prince, la principessa delle amazzoni nata dalla penna dello psicologo William Moulton Marston nei primi anni quaranta con l’intenzione di farne una sorta di cavallo di troia femminista all’interno del mondo, invero machista, dei fumetti americani dell’epoca d’oro (1938-1951/56).

Un’eroina che combatte il male non solo con i muscoli e un’inflessibile virilità, bensì attraverso la forza dell’amore, della verità e con la consapevolezza che solo le donne possono equilibrare l’egoismo, l’odio e la villania maschili.

Gal Gadot era già apparsa nel ruolo in una parte minore nel superkolossal Batman Vs Superman dello scorso anno, e già appariva perfetta, ma ora non ci sono dubbi: è Suprema the Wonder Woman.

Eroina ben più complessa ed articolata rispetto alla media dei comics americani, cioè più simbolo che personaggio, la Wonder Women di Patty Jenkins (Monster e la serie TV The Killing), seppur retrodatando le vicende dalla seconda alla prima guerra mondiale, fin da subito cerca un’adesione proprio alla versione originaria di Moulton Marston rispetto alle diverse tipizzazioni che si sono susseguite fin dagli anni sessanta (anche se tralasciando completamente il sottotesto “bondage e fetish”, ben evidente fin dalle prime apparizioni, quantomeno come simbolizzazione della sottomissione: della donna all’uomo e/o degli uomini alle amazzoni).
Ciò è vero quantomeno nella presentazione del personaggio – la prima ora del film, per noi la migliore, più genuina e divertente -, perché nella seconda parte – pur corredata da alcune eccellenti sequenze d’azione, sopratutto quelledell’assalto al villaggio belga occupato dai tedeschi – si perde di ritmo, l’ideologia femminista del personaggio diventa meccanica ed artefatta per concludere la vicenda con un lungo scontro con il villain (peraltro ottimamente celato fino alla sua rivelazione) visualizzato nella più banale e stereotipata delle maniere. Tant’è che a più di uno spettatore probabilmente capiterà di avvertire un fastidioso déjà vu dello scontro con il supervillain di Batman Vs Superman di Zack Snyder (qui in veste di produttore) dello scorso anno, e che non a caso anch’essa rappresentava la parte più debole del film.

Certo è che Wonder Woman è un film più semplice, lineare e non presenta le sofisticherie visive e registiche dello Snyder delle prime due ore di Batman Vs Superman, ma in compenso è un prodotto più equilibrato e mai costellato da plot holes, errori di continuity, illogicità per rispetto al proprio rationale. Tutte cose, queste, che purtroppo sono diventate moneta corrente della stragrande maggioranza delle recenti trasposizioni cinematografiche di supereroi dei fumetti. Ed anche questo, quindi, a nostro avviso non è un merito di poco conto.

Va da sé, però, che la maggiore criticità di Wonder Woman sia quella che più speravamo potesse essere evitata, cioè la sua natura di traino – quasi che si trattasse di un enorme trailer – per una produzione sulla quale forse maggiormente si punta, cioè quel Justice League in uscita a Novembre, e che vedrà riuniti tutti i maggiori supereroi della DC: Batman, Wonder Woman e Superman, naturalmente, ma anche Flash ed Aquaman.