Il Caso di Noemi Durini: l’intervista alla madre Imma Rizzo
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Il caso di Noemi Durini ha scosso l’opinione pubblica, per il delitto e per la giovanissima età della vittima, ma a Quarto Grado la madre, Imma Rizzo, lancia delle accuse a chi avrebbe dovuto fare qualcosa a seguito delle sue segnalazioni e non lo ha fatto. Nell’intervista che andrà in onda questa sera a Quarto Grado, parlano la madre e la sorella di Noemi: «Hanno sempre calunniato mia figlia. Gli inquirenti troveranno le minacce vocali, telefoniche e nei messaggi». «Gli assistenti sociali non sono intervenuti: dal 19 luglio avevano promesso di aiutarmi e invece non è successo»
La sorella Benedetta: «Gli ho detto: “Se ti rivedo nel mio paese chiamo i carabinieri” e lui mi ha minacciata: “Quando ti trovo ti mostro io”»
Il ragazzo adesso è in una struttura protetta ed è accusato di omicidio volontario. Anche suo padre ha ricevuto un avviso di garanzia per sequestro di persona e concorso in occultamento di cadavere. Insieme alla madre, «Quarto Grado» intervista anche Benedetta, sorella della vittima.
Di seguito, stralci dell’intervista realizzata dall’inviato Remo Croci.
Domanda: «Chi era Noemi?»
Imma: «Noemi era una ragazzina veramente speciale. Anzi… è tuttora una ragazzina speciale, perché ci guida da lassù. Lei sta con noi… è un pezzo di cuore che resterà sempre qua dentro. Noemi era solare e lo potete chiedere chiedere a tutti. Era sempre allegra, le piaceva dialogare e avere amicizie. Però queste persone cattive me l’hanno portata via. All’inizio hanno fatto finta di volerle bene. Ma quando hanno visto che mia figlia veniva da una famiglia di onesti, di persone che si guadagnano un pezzo di pane lavorando da mattino a sera per mantenere la famiglia… hanno visto che non potevano competere. Questa, forse, è la risposta più giusta. Con l’onestà e il lavoro delle persone che sudano dalla mattina alla sera, no, non ce la facevano… Sono persone disoneste: lo sanno tutti. Però, adesso, che purtroppo Noemi quelle brutte persone me l’hanno portata via… perché sono veramente delle brutte persone…, la devono smettere di infangare la memoria di mia figlia. Mia figlia è cresciuta in una famiglia sana, con degli obiettivi […]. Solo che, purtroppo, Noemi voleva fare la crocerossina: aiutare questo ragazzo che, alla fine, è sempre stato sano di mente e capace di intendere e di volere.
E al signor Biagio, insieme alla moglie: basta con queste sceneggiate napoletane! Non servono. Ci sarà giustizia per mia figlia… Non vi dovete permettere mai più! Signor Biagio, mi guardi bene negli occhi. Signora, mi guardi bene negli occhi… se la posso chiamare signora… non la chiamo mamma, perché una mamma non fa questo… Signora: basta sceneggiate […]. Signor Biagio: le scenate se le faccia a casa sua con sua moglie.
Queste persone hanno sempre mandato calunnie nei confronti di mia figlia e gli inquirenti lo sanno: prenderanno i tabulati e ci saranno le minacce vocali, telefoniche, con messaggi di Whatsapp o altri messaggi normali.
Quindi, signor Biagio, stia calmo e stia attento: lei mi può dire qualunque cosa, ma mia figlia non la deve toccare mai più».
D: «Dipingono sua figlia Noemi come una ragazza che avrebbe raccolto dei soldi per acquistare una pistola…».
Imma: «Mia figlia è nata in una famiglia sana, perfetta: ecco perché è morta. Mia figlia, grazie a lei, signor Biagio, a lei che non la poteva vedere, perché suo figlio doveva diventare il secondo delinquente come lei… Mi assumo tutte le mie responsabilità e con questo ho chiuso».
D: «Come vorrebbe che si ricordasse oggi sua figlia Noemi?»
Imma: «Sempre allegra, educata e rispettosa. Così la devono ricordare… come la ricordiamo noi».
D: «Cosa manca oggi di una figlia che non c’è più?»
Imma: «Mi manca solo mia figlia… non la vedo più entrare in casa per colpa loro… la devono pagare tutti in questa famiglia, tutti! Sono tutti complici!»
D: «Quella mattina lei si è preoccupata quando non ha visto sua figlia nella camera?»
Imma: «Sì, mi sono allarmata. Perché, conoscendo mia figlia, ho detto: “Qui c’è qualcosa che non va”. Poi ho fatto le mie indagini, ho cercato tutti gli elementi che portassero alla verità… il maresciallo lo può confermare… collaborando insieme, abbiamo risolto… anzi, non abbiamo risolto niente perché non c’è più. Però poi risolverà tutto la giustizia, sia quella divina che quella terrestre».
D: «Lei ci crede nella giustizia?»
Imma: «Sì che ci credo: Se non credessi nella giustizia non sarei qui da voi, non sarei qui nello studio dell’avvocato, non sarei stata ieri in prefettura per dire quello che pensavo e quello che devono fare. Io credo nella giustizia: guai se non fosse così. Perché altrimenti diventeremmo tutti come quell’assassino lì… che tutti si fanno giustizia da sé. La giustizia ci deve essere per forza. Non posso e non potrei mai credere che non ci possa essere la giustizia».
D: «Il rapporto con questo ragazzo è un “amore malato”?»
Imma: «Possessivo e malato».
Benedetta: «Secondo me, una persona che si comporta così, che ti proibisce di truccarti e di usare il cellulare, di uscire con gli amici, di uscire con sua sorella… quella per me non può neanche essere considerata una persona».
D: «Per lei?»
Imma: «Nemmeno. Io gliel’ho sempre detto che l’amore bello è quando due persone si rispettano».
D: «Ma gli assistenti sociali?»
Imma: «Gli assistenti sociali non sono intervenuti. Dal 19 luglio mi avevano promesso che sarebbero intervenuti per aiutarmi e fare un piano rieducativo per mia figlia… e invece non è successo».
D: «A sua figlia?»
Imma: «Certo! Perché vedendo la situazione con mia figlia che mi stava un po’ sfuggendo, ho chiesto aiuto ai servizi sociali… ma non perché mia figlia dovesse essere rinchiusa, ma perché mia figlia doveva essere aiutata insieme alla mamma».
D: «Poi quel venerdì c’è stato l’ultimo litigio, anche abbastanza violento, cercano insomma…»
Imma: «… di depistare. Di dire: “No, mio figlio è stato a casa fino a venerdì e poi Noemi non l’ha visto più».
D: «C’era un accordo con lei che il sabato notte sarebbe dovuta uscire e invece…»
Imma: «Ma non esiste proprio: Noemi chiedeva sempre il permesso, anche se andava a dormire da una ragazzina, da qualche amichetta. Mi avvisava sempre».
D: «C’era una confidenza che le ha fatto sua figlia in questo anno di rapporto con lui?»
Imma: «Che comunque non si trovava bene… continuavo a ripeterle che non poteva fare la crocerossina».
D: «E veniva a casa sua, signora?»
Imma: «No, dopo che l’ha picchiata no».
Benedetta: «Io gli ho detto: “Se ti rivedo all’interno del mio paese, chiamo direttamente i carabinieri”».
D: «Quando tu hai “vietato” a questo ragazzo di arrivare, qual è stato il suo atteggiamento?»
Benedetta: «Mi ha minacciata. Mi ha detto in dialetto – lo dico in italiano perché sono una persona civile ed educata – “Quando ti trovo ti mostro io”».
D: «Cosa significa “ti mostro io”?»
Benedetta: «Che mi avrebbe fatto qualcosa… è una persona molto furba, molto intelligente e soprattutto un manipolatore impeccabile. Altrimenti mia sorella non sarebbe finita in quelle condizioni. Proprio per questo motivo, mia sorella voleva portarlo sulla giusta strada, è passata alla morte».
D: «La verità è che non doveva finire come è finita…»
Imma: «Assolutamente. E che mia figlia riposi in pace. Che abbia la pace che meriti nel momento in cui finiremo tutte queste indagini e si farà giustizia. Mia figlia è un pezzo di cuore e dovrà avere una giusta giustizia».