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Dal 28 settembre nei cinema “ L’incredibile vita di Norman “, con Richard Gere

Dal 28 settembre nei cinema “ L’incredibile vita di Norman “, con Richard Gere

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Richard Gere è Norman

E’ stata presentata alla stampa l’ultima interpretazione di Richard Gere, una delle sue più apprezzabili fatiche in senso assoluto che rappresenta la figura di un ebreo, di un navigato affarista newyorchese disperatamente e costantemente alla ricerca di amicizie e di attenzioni in grado di consentirgli di affermarsi ed evidenziarsi nella vita.

Nel corso della sua insistente perseveranza nella ricerca di evidenziarsi Norman Oppeneheimer, questo il nome del protagonista, quasi riesce a raggiungere la meta ma, come spesso accade a personaggi del suo genere, è consapevole del fatto che, non avendo materialmente nulla da offrire alle persone che taccheggia, queste non avranno alcun valido motivo per frequentarlo; eppure, con una abilità sorprendente ed utilizzando un’inventiva assolutamente degna di fede, senza cattiveria né rabbia o gelosia, non riesce mai ad essere fastidioso nel suo tentativo di mettere gli altri a proprio agio.

Fino a quando sembra riuscire nel suo tentativo di entrare nelle grazie di un primo ministro israeliano che verrà, non per questo, coinvolto in una storia di corruzione dalla quale potrà uscire soltanto rinnegando “ l’amico “ Oppenheimer il quale, conscio del fallimento delle sue buone intenzioni arriverà fino all’estremo sacrifico.

E’ storico, e non appaia esagerato il riferimento alla Bibbia ( Giuseppe ed il Faraone ) o a Shakespeare ( Shyloc nel “ Mercante di Venezia “ ) o a Dickens ( Fagin nell’ “ Oliver Twist ) o anche a Leopold Bloom nell’ “ Ulisse “ di Joyce: il banchiere, che esercitava una delle poche professioni consentite agli ebrei per le competenze e le conoscenze sviluppate nel tempo che consentivano loro di muovere il denaro in maniera addirittura più efficace di quanto non sapessero fare i governi, poteva con il potere acquisito aiutare la comunità.

Tutto ciò ingenerava nella gente comune, e lo aumentava, il risentimento e l’antisemitismo in quanto l’ebreo veniva considerato come persona in grado di influire indebitamente sulla governance, sul potere: proprio ciò che Joseph Cedar, il bravissimo ed attento nei particolari regista del film, narra rapportandolo al nostro tempo in una New York ben lontana dalla città che ospitò la figura di Suss l’ebreo, il protagonista di un lavoro assolutamente il più antisemita della storia del cinema che lo stesso Cedar aveva assurto a protagonista di una pellicola mai terminata che trattava appunto di un banchiere di nome Joseph Suss Oppenheimer che, nel ‘700, divenuto cortigiano del Duca Carlo Alessandro di Wurttemberg venne arrestato e giustiziato alla morte del Duca

Corsi e ricorsi storici alla maniera di Lorenzo Valla ma con l’intenzione, da parte del regista, di proporre una lettura diversa e più umanizzata dell’ebreo faccendiere, una figura che induce a riflettere ed a domandarsi il perché debba esistere qualcuno che voglia assumersi un ruolo così istrionico e poco opportuno; nel caso di Norman Oppenheimer, che sa benissimo di non aver nulla da offrire e che nessuno potrà mai avere un interesse a frequentarlo, la risposta alla domanda di Cedar è che egli è costretto a comportarsi così a causa della sua indole e per darsi importanza.

Molto ben intrecciata la trama del film che vede il faccendiere utilizzare fraudolentemente amicizie e persone che con lui nulla hanno a che vedere, che si riferisce a personaggi realmente esistenti ma frequentati da persone immaginarie a lui vicine ( ad es. la moglie, inesistente ) che contribuiscono a personalizzare in maniera interessante la sua vita per renderlo più accattivante: in effetti, nessuno sa nulla di lui né della sua vita e, paradossalmente, nessuno vuol chiedergli nulla nel timore che aprendo la cassaforte della sua vera anima chissà quali sorprese possano venire alla luce.

La solitudine di Norman Hoppnheimer è alla base di questo suo atteggiamento infantile che ha per solo scopo quello di mettere a proprio agio gli altri, senza cattiveria né interessi di carattere economico, nulla di subdolo e che in fondo serve soltanto a farlo sopravvivere autoreferenziandosi per le sue possibilità di comunicare e di trovarsi nel momento giusto al posto giusto.

Scelta pienamente centrata quella dei personaggi che, pur attuali, rivelano riferimenti di carattere storico e religioso che si perdono nella notte dei tempi, eccellenti la fotografia e la sceneggiatura, perfette le ambientazioni; apprezzabilissimi e serrati i dialoghi che inducono ad un pathos particolare e che portano lo spettatore non tanto a riflettere quanto a “ desiderare “ di conoscere la fine di una storia che può anche definirsi caratterialmente travolgente.