My Pure Land, film in corsa agli Oscar per Uk vince 17° River to River Indian Film Festival
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Si è chiusa ieri a Firenze la 17/a edizione del River to River Florence Indian Film Festival.
L’emancipazione femminile in India e i diritti Lgbt della comunità indiana vincono il 17° River to River Indian Film Festival. È “My pure Land” di Sarmad Masud, western tratto da fatti realmente avvenuti nel Pakistan rurale, sul ruolo della donna, candidato dall’Inghilterra agli Oscar 2018, e in prima italiana al festival, a essersi aggiudicato il premio River to River Award come miglior lungometraggio ieri, presso il Cinema La Compagnia di Firenze, durante la serata di chiusura della 17/a edizione del River to River Florence Indian Film Festival, unico festival in Italia interamente dedicato alla cinematografia indiana, diretto da Selvaggia Velo.
Al centro della trama, una giovane donna, Nazo, decisa e determinata, che insieme alla madre e alla sorella è chiamata a difendere la propria casa da una banda di uomini armati assoldati dallo zio che, a seguito ad un’aspra faida familiare, vuole riprendersi la terra. Il film, proiettato a Firenze in anteprima italiana, è stato presentato al River to River dall’interprete principale, Suhaee Abro, che ieri ha ringraziato, nel messaggio di saluto in diretta via skype, insieme al regista Masud, il pubblico per aver premiato il film e il festival per la calorosa ospitalità. “Per noi in Pakistan tutto diventa una questione di sopravvivenza. Però continuiamo ad andare avanti – spiega Suhaee Abro – nonostante il peso della famiglia sia enorme, le tradizioni, l’educazione, sono dei macigni, per non parlare dei rapporti fra i sessi. Ora – prosegue la Abro – le nuove generazioni cercano una vita migliore, più libera, disinibita. Guardano avanti, vogliono viaggiare, studiare, cambiare le regole, anche se il processo è lento e pieno di ostacoli”.
La giuria popolare, composta dal pubblico votante in sala, ha assegnato il premio per il miglior documentario alla pellicola autobiografica “Abu – Father” del regista Arshad Khan, pellicola autobiografica che racconta cosa significhi crescere in una rigidissima famiglia indiana di religione musulmana, emigrata prima in Pakistan e poi in Canada, dovendo fare i conti con la propria omosessualità e con la tensione post 11 settembre. Il documentario parla di tutti questi argomenti attraverso un percorso di riconciliazione con la figura paterna. Ha detto Khan: “Grazie per questo caloroso benvenuto a Firenze. La vita pone a tutti delle sfide, e chiaramente, quando ti trovi a un’intersezione di identità – essere pakistano, musulmano, gay, migrante – è ancora più difficile. Sta a ciascuno di noi cercare di superare gli ostacoli. Abu significa padre, e anche se il mio film è un lavoro autobiografico, in realtà tratta di connessioni, perdono, e della condizione umana, un messaggio universale che va al di là dei confini”.
Infine, a vincere il premio per il miglior cortometraggio è stato “Kajal” di Paakhi Tyrewala, che racconta del percorso di emancipazione di una donna, dal marito, dal capo, da un mondo rivendicato dagli uomini.
I film vincitori, e una selezione del “Best Of” di questa edizione del River to River, saranno proiettati a Milano dal 2 al 4 febbraio 2018 presso lo Spazio Oberdan di Milano.
“Questa edizione del festival è stata intensa e piena di tematiche importanti e universali. – spiegaSelvaggia Velo, direttrice e ideatrice del festival –Tutti i film che hanno vinto puntano alla salvaguardia dei diritti dell’uomo, segno che il pubblico premia storie che sensibilizzano a temi importanti, e che facciano riflettere. Come il lungometraggio My Pure Land e il corto Kajal, che trattano in maniera intelligente del ruolo della donna e della sua emancipazione, e come la la difesa dei diritti LGBT e il delicato tema dell’accoglienza dell’altro al centro del documentario Abu. Sono molto soddisfatta di questa edizione, in cui abbiamo parlato anche di terrorismo, dell’importanza della democrazia, e dei 70 anni dall’indipendenza dell’India, con un focus dedicato alla figura di Gandhi. Gli eventi collaterali di fotografia e a tematica food hanno fatto da corollario ad una edizione a 360 gradi sull’India, che è stata molto apprezzata dal pubblico. Vi aspettiamo quindi nel 2018 per celebrare i 18 anni del River to River con una festa speciale…#getrivered!”
Il River to River Florence Indian Film Festival ha proposto in sei giorni, dal 7 al 12 dicembre, venticinque film tra prime mondiali, europee e italiane. 40 gli eventi complessivi in programma tra proiezioni, mostre fotografiche, incontri con i protagonisti, lezioni di cucina ed eventi off. Hanno partecipato ospiti internazionali tra cui il regista culto Onir, primo a trattare tematiche di diritti umani in India, che ha presentato in prima italiana il suo film “Shab – The Night” e Hansal Metha regista riconosciuto a livello internazionale, con la proiezione di “Omertà”, film scelto per la chiusura del festival, biopic sul terrorismo internazionale attraverso la storia del terrorista indo-inglese Omar Sheikh, estremista islamico che ha compiuto atti deplorevoli, incluso l’omicidio del giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl nel 2002. Dopo i fatti di domenica a New York, dove un attentatore originario del Bangladesh ha cercato di farsi esplodere, Mehta ha risposto così al pubblico in sala che gli ha chiesto il suo punto di vista sugli attentati terroristici sempre più frequenti che stanno affliggendo il mondo: “Bisogna avere il coraggio di parlare anche di verità scomode, ovvero cercare di capire le motivazioni di queste persone che abbracciano la violenza per fare giustizia. Omertà narra di come un giovane decida di trasformare la propria rabbia in un atteggiamento radicale fondamentalista. A mio avviso, è soltanto indagando e agendo, riformando questi individui che si può far fronte al terrorismo, piuttosto che – come fanno i governi – attaccare le nazioni o distruggere le comunità. La violenza radicale viene dagli individui: mentre i governi si tengono occupati distruggendo nazioni e comunità (vedi i bombardamenti in Siria, etc), penso che sarebbe più opportuno cercare di capire e magari riformare questi giovani individui”.