IL REMAKE DE IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE, AL CINEMA DALL’8 MARZO
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Eli Roth dirige un nome importantissimo come Bruce Willis, protagonista di una storia intensa, ricca di azione e pathos. Tutto nacque nel lontano 1974, da un’idea di Micheal Winner. Alla ricerca di un’ispirazione per realizzare il suo film successivo, il regista optò per l’omonimo romanzo di Brian Garfield. Oggi, quella trasposizione cinematografica è considerata a tutti gli effetti un grande classico del thriller. Per rielaborare la storia in chiave moderna, Eli Roth si è avvalso della collaborazione di un valido sceneggiatore come Joe Carnahan, del fotografo Roger Stoffier e del montaggio di Mark Goldblatt, che hanno svolto un magnifico lavoro.
Al centro del racconto, Paul Kersey, un personaggio che nelle prime fasi della storia, vive felicemente e gode della stima di colleghi e amici. Una sera, la sua vita viene sconvolta da tre rapinatori, disposti a tutto pur di impossessarsi degli oggetti preziosi e della grande quantità di denaro riposto in una cassaforte. Tenta di difendersi, ma i malviventi reagiscono estraendo la pistola e sparando. Sua moglie muore, mentre la sua unica figlia si ritrova immobilizzata in un letto, lottando tra la vita e la morte. Desideroso di vendetta, Paul si rivolge alla polizia perché trovi i criminali e li arresti. Purtroppo però, il tempo passa e nessuno sembra in grado di capire dove siano. Alla fine sarà lui stesso ad entrare in un negozio d’armi con l’obiettivo di comprarsene una e farsi giustizia. Uccide due ragazzi intenti a violentare una donna, un gelataio sfruttatore di bambini e una banda di ladri, diventando così un autentico supereroe misterioso per una città violenta come Chicago.
Eli Roth riesce in pieno a creare un’atmosfera di vera tensione, che inizia in modo lieve per poi crescere lentamente fino a raggiungere il suo apice nella scena conclusiva. Si tratta di un remake, ma questo non impedisce, anche a chi conosce l’originale, di rimanere col fiato sospeso. La trasformazione psicologica del chirurgo Paul Kersey, abituato prima a salvare le vite, poi a toglierle, non conquista soltanto l’attenzione dei suoi coprotagonisti, ma anche del pubblico, che si domanda fino a che punto sia lecito uccidere per un senso di giustizia generico, slegato da qualunque forma di autorità giudiziaria. A non far
e una bella figura è soprattutto la polizia, che attraverso i suoi metodi, lenti e complicati, non riesce quasi mai a risolvere casi difficili come quello di Paul. Unico suo scopo, come detto da Bruce Willis nelle interviste rilasciate, è tentare di ritrovare la sanità mentale, facendo riflettere su quanto ci si possa spingere lontano se si tratta di difendere la famiglia o provare un dolore tanto forte come la perdita violenta di una moglie. La parte di Paul, così come quella dell’attore Beau Knapp nei panni di Knox, il leader della banda orgoglioso di essere cattivo, rimandano ad Enzo e al Fabio, detto lo zingaro, in Lo chiamavano Jegg robot di Gabriele Marinetti, vincitore di 7 David di Donatello nel 2016. In entrambi i casi si racconta il ruolo dell’eroe e la quotidianità triste e degradata della periferia.
Il prezioso lavoro di regista e montatori; un cast di attori molto in gamba, hanno contribuito a creare un prodotto di cui sentiremo molto parlare nei prossimi mesi. Il giustiziere della notte non è solo un remake ma un esempio di buon cinema con tutti i suoi ingredienti essenziali: scrittura, recitazione, azione e pathos.
Eugenio Bonardi