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Il Tuttofare, storia di un avvocato farabutto

Il Tuttofare, storia di un avvocato farabutto

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Uno splendido Sergio Castellitto si cala nella parte di un avvocato cialtrone, un arrogante arrampicatore del Foro di Roma, un imbroglione coi fiocchi.

Toti Bellastella, questo l’immaginario nome dell’avvocato prepotente, sfruttatore, senz’altro il colmo della meschinità umana, è uno sporco individuo che pur di raggiungere i suoi scopi, tanto nella professione che nella vita ( in quest’ultima in particolare ) non esita a sfruttare chiunque gli capiti di incontrare sulla sua strada lastricata d’oro, per denaro e per traguardi sociali raggiunti.

Ha un unico problema, anzi due: una moglie ( Elena Sofia Ricci ), bravina, che lo tiene per la collottola lesinandogli il denaro della quale lei è enormemente provvista ed un’amante, una burina argentina tutta tette e malignità che lo circuisce per farsi sposare, come sovente avviene ormai da qualche anno a questa parte, sia per ottenere la cittadinanza che per tutto quanto ne consegue.

Toti Bellavista è titolare di uno studio dal quale passano i più noti politici ed i più abbietti mafiosi e lui risolve tutto, con la potenza del suo eloquio a volte talmente infarcito di grossolane sbavature e con artifici dei più strani ( chi non vorrebbe conoscerlo ?); nel suo studio lavora, sfruttato enormemente ed in maniera abnorme, un bravo studente che riesce a classificarsi quinto su cinquemila all’esame di Stato e spera, come più volte paventatogli dal subdolo Toti, di divenire socio dello studio.

E Toti lo raggira, lo convince a sposare la sua amante, provocandogli tanti di quei guai che allungano la durata del film anche oltre misura; trovate argute, anche simpatiche per lo spettatore che vuole divertirsi, ma cattivi esempi di vita per il cittadino che esce dalla sala dopo aver visto il film assai frastornato e stordito per quanto gli hanno fatto vedere e per il modo con il quale potrebbero risolversi tutte le situazioni difficili; e con una morale: se sei pecora il lupo ti mangia.

E il lupo è proprio Toti Bellavista, con le sue alchimie, con le sue favolose e potenti bugie, con i limiti che la moglie gli impone e che lui egregiamente supera arrivando a trionfare addirittura in politica dopo aver assggiato anche la galera.

Che dire di Castellitto: è normalmente bravo e qui lo è ancora di più con una spalla del calibro di Gugliemo Poggi, Antonio Bonocore, lo studente tuttofare che arriva addirittura a cucinare per lui nelle ore di pausa dal lavoro e che sposa, pur limitato dalle norme del codice civile che ben conosce, l’amante del capo, rovinandosi la carriera e la vita, solo perché l’avvocato affabulatore è riuscito ad imbrogliarlo promettendogli mari e monti.

I riferimenti a films del passato non mancano: da “ La giornata dell’onorevole “ ( Ugo Tognazzi ) a “ I Mostri “, al “ Vigile “ con Vittorio De Sica e così finisce che Bellastella /Castellitto, una contraddizione in termini, diviene non un imitatore di personaggi del passato, ma il protagonista calato in una società come quella attuale che vede l’arrampicatore sociale, il raccomanda dato, il potente riuscire sempre come vincitore.

Non è, socialmente parlando un bell’esempio ma la pellicola merita perché è colma di riferimenti che vale la pena di tenere d’occhio.

Attenta e curata la regia di Valerio Attanasio e molto valida la scenografia di Luca Servino. Durata della proiezione: 96 sconvolgenti minuti.