“THE SISTERS BROTHERS“, di Jacques Audiard: un western da Leone
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75 MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA- in concorso: “THE SISTERS BROTHERS“-, di Jacques Audiard. Di Antonio Ippolito.
A Venezia 75 un altro western. Dopo l’ironico ma barboso film dei fratelli Coen, arriva nelle sale della mostra del cinema la nuova opera del francese Audiard, ormai celebre per la palma d’oro al festival di Cannes nel 2015 con Dheepan.
La pellicola, tratta dal romanzo scritto da Patrick deWitt Arrivano i Sister del 2011, è ambientata a metà del 1800 nelle selvagge terre tra l’Oregon e San Francisco, dove i due fratelli Charlie e Eli Sisters (Joaquin Phoenix e John C. Reilly), ingaggiati dal temibile e potente mister Commodoro, partono alla ricerca di un cercatore d’oro e un chimico fantasioso con la brillante idea di aver scoperto un modo semplice e geniale di trovare la pietra preziosa, una formula magica che si rivelerà molto pericolosa. Così, i due fratelli inseparabili, iniziano un viaggio interminabile non privo di intoppi che li porterà a riscoprire vari lati della loro vita, amicizie inaspettate e situazioni difficili da affrontare, dove la formula magica, a volte, non è quella sperata.
Diretta e sceneggiata dallo stesso Audiard, questa favola western è stata accolta volentieri dal pubblico di Venezia, con assordanti applausi sia alla presentazione per la stampa che in sala per il pubblico. Eppure parliamo di un western, sarà perché i personaggi sono interpretati da magnifici attori, dove spicca anche il ricercatore d’oro imprenditore Jake Gyllenhaal, sarà perché l’ubriaco Phoenix e il sentimentale Reilly sono due fratelli di sangue, dalla comicità dietro le porte, sarà che il regista ha centrato la realizzazione scenica al tal punto in acune scene da mozzare il fiato, sta di fatto che il film tiene molto bene l’andatura. Ironico, spaccante, avvincente, a volte terrificante in scene dal sapore forte, the Sisters Brothers colpisce il pubblico, difende quel filone western che spesso viene dato per abbandonato, deriso, ma che ci ricorda momenti di Leone, Corbucci, Di Leo, svecchiando un po’ l’inappropriato uso degli spaghetti western, ricreando inattesi lineamenti lucidi e trasparenti, come la magnifica sequenza di apertura verso il mare, l’oceano apre spazi al vecchio western per un rinnovamento.
Oserei dire quasi impeccabile, voterei forse per una vittoria, ma non percepisco nell’aria il sottile odore delle montagne del Brokeback, la novità che porta al desiderio. Eppure qualcosa accomuna il leone di Ang Lee ai fratelli Sisters di Audiard, il carisma dei personaggi, la presenza dello stesso Gyllenhaal, i loro sentimenti. Tutto decolla in un finale emozionante dove, carillon e piani sequenza intrecciati, si fondono in un ritorno alle origini, in un abbraccio con madre natura, in una poesia cosi forte che blocca per un attimo le atroci battaglie delle praterie, lasciando solo il ricordo della felicità in un abbraccio indimenticabile.
Antonio Ippolito