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Uno straordinario Robert Redford nel suo ultimo film, “The Old Man and the Gun”

Uno straordinario Robert Redford nel suo ultimo film, “The Old Man and the Gun”

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Robert Redford

Alla Festa del Cinema di Roma è stato presentato in selezione ufficiale “The Old Man and the Gun” di David Lowery, prodotto e interpretato da Robert Redford (nelle nostre sale tra poco più di un mese).

Quella che (a detta di lui medesimo) dovrebbe essere l’ultima interpretazione di Redford racconta la parabola conclusiva dell’attività ladresca di Forrest Tucker, un uomo realmente esistito, morto ottantaquattrenne nel 2004 in prigione. Luogo, questo, in cui Tucker era entrato e uscito senza sosta sin dall’età di sedici anni, ossia dai tempi del suo primo furto. Maestro di rapine ed evasioni, ladro impenitente, ma gentiluomo.

Lowery si ispira alle peripezie di fine carriera di Tucker, riproponendone altresì in flashback le evasioni più rocambolesche del passato (in una delle quali possiamo ammirare un giovane Redford, a sua volta “rubato” a uno dei tanti successi cinematografici della sua carriera).

A essere interiorizzato da Redford è innanzitutto lo stile di quel bizzarro ladro. Che, nei suoi blitz scrupolosamente studiati, si presentava nelle banche sempre elegante e garbato. Approcciati quindi il cassiere o il direttore, chiedeva loro – senza mai dover ricorrere ad un’arma che stava nel cruscotto della sua automobile (oltre che nella mente dei suoi malcapitati e sbigottiti interlocutori) – di riempirgli di soldi la borsa in pelle da stimato professionista. Dopodiché, salutava togliendosi il cappello e se ne andava, senza suscitare sospetti né tantomeno paura nei clienti e seminando le forze dell’ordine con repentini cambi d’auto e il costante monitoraggio delle loro mosse grazie a una radio con auricolare.

Tutto questo, Tucker lo faceva con il sorriso. Un sorriso illuminato e illuminante, innocente e trasparente come quello di un bambino. Il sorriso di chi, semplicemente, è contento di fare quello che fa e che null’altro farebbe, il sorriso di chi si sente pienamente libero, felicemente irresponsabile perché non sottomesso ad alcun ordine/ordinamento superiore.

Accanto a Tucker-Redford, i vecchi compagni di rapina (i deliziosi e crepuscolari Danny Glover e Tom Waits) e la donna che era rimasta in panne e cui Forrest, appena conclusa l’ennesima rapina, aveva dato un passaggio fino a casa. Interpretata da una magnifica Sissy Spacek, è protagonista di una magistrale scena di corteggiamento al bar e di una storia d’amore tanto leggera quanto intensa. E impossibile, perché nel cuore di Forrest rapine, evasioni e pienezza di vita coincidono, tutto il resto, necessariamente, non può che restare sullo sfondo.

Un efficace e godibile Casey Affleck impersona John Hunt, il poliziotto che si mette sulle tracce di Tucker e, complice un’attenzione ricambiata dentro uno stimolante gioco di specchi, finisce con il comprendere ed ammirare il suo modo di agire e di vivere.

Ad amalgamare il racconto, una colonna sonora che all’inizio può sembrare non necessaria o addirittura invadente, ma cui ben presto si riconosce la sorprendente valenza: morbida, leggera, “mono”, persino allegra o “da telefilm anni Settanta”, pare addirittura scorrere su un piano parallelo rispetto alla narrazione. Meglio, è come se commentasse una narrazione non “in fieri”, bensì già conclusa, vista mille volte, applaudita, repertoriata.

Perché “The Old Man and the Gun” non è un semplice film, e nemmeno un film di fine carriera: è la celebrazione totale e senza riserve, asciutta e radiosa, struggente ed ironica insieme, di un uomo. Di un attore immenso dalla carriera inarrivabile, certo; e di un incurabile ladro felice di esserlo.

A ben guardare, infatti, un attore, in ogni istante della vita, ruba agli altri senza che questi nemmeno se ne accorgano. Ruba tratti, caratteri, azioni ed emozioni. L’unico tesoro che non sarà mai costretto a rubare perché gli appartiene da sempre… è la purezza del sorriso di un bambino.