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“Quarto Grado”, sentenza Vannini: intervista agli avvocati dei Ciontoli

“Quarto Grado”, sentenza Vannini: intervista agli avvocati dei Ciontoli

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Gianluigi Nuzzi

MARCO VANNINI, GLI AVVOCATI DEI CIONTOLI A “QUARTO GRADO”: «DELL’OMICIDIO VOLONTARIO VA DIMOSTRATA LA VOLONTARIETÀ»

«LE REALI CONDIZIONI DI MARCO NON ERANO PERCEPIBILI: ANTONIO HA INDOTTO IN ERRORE IL RESTO DELLA FAMIGLIA»

“Quarto Grado” – nella puntata in onda questa sera, venerdì 1 febbraio, su Retequattro – ha proposto un’intervista esclusiva agli avvocati della famiglia Ciontoli, Andrea Miroli e Pietro Messina. Per compredere una sentenza che appare ingiusta, non solo alla famiglia Vannini ma a tutti coloro che considerano la vita umana un bene prezioso, può essere utile approfondire con i difensori dei Ciontoli.

Antonio Ciontoli è accusato della morte di Marco Vannini, il 21enne ucciso il 18 maggio 2015, allora fidanzato con la figlia dell’uomo, Martina. In primo grado, Ciontoli è stato condannato a 14 anni per omicidio volontario, sentenza poi ridotta a 5 in secondo grado, perché derubricata ad omicidio colposo. Confermati, invece, i tre anni per il resto dei componenti della famiglia (moglie e due figli). Se sembravano pochi 14 anni, la riduzione a 5 anni sembra un insulto, ma la legge va rispettata. Quello che evidenziano gli avvocati difensori può essere sintetizzat nel fatto che non c’era nè premeditazione nè volontarietà. Ci sarebbe però da considerare l’agravante dei depistaggi e il mancato soccorso, cosa di cui nell’intervista agli avvocati non si parla. Se ne parlerà, probabilmente con gli ospiti di Gialuigi Nuzzi che cercherà di dipanare una sentenza così inaspettata.

Di seguito, alcuni stralci dell’intervista realizzata da Anna Boiardi.

Giusto dare l’omicidio colposo ad Antonio Ciontoli?

A: «Per poter parlare di omicidio volontario va dimostrata la volontà. La Corte d’Assise d’Appello ha applicato il massimo della pena per l’omicidio colposo. Che poi qualcuno possa dire che vi è sproporzione tra la tragicità del fatto e la pena applicata, questa è una valutazione che non può essere additata ai magistrati. Noi comprendiamo benissimo il dolore della famiglia Vannini, tuttavia in uno Stato di diritto è giusto che vengano applicate le regole».

Il comportamento di Antonio Ciontoli è quello di una persona che spinge al suo interesse e fa morire un ragazzo?

A: «Questa cosa evidenzia ancora di più il fatto che non ci sia stato dolo. È proprio l’egoismo che ha spinto Antonio a comportarsi in questo modo. E dimostra che, se avesse saputo che Marco stava per morire, si sarebbe comportato in maniera diversa».

Antonio Ciontoli andava assolto?

P: «No. Assolto in questi termini, assolutamente no. Anche lui l’ha detto: si è assunto la responsabilità di quello che è accaduto e cioè la morte del ragazzo. Ma ha sempre proclamato la sua indisponibilità ad accettare che lui volesse effettivamente che Marco morisse. Le sentenze possono essere criticate, ma c’è stata un’aggressione nei confronti dei magistrati che riteniamo debba rientrare. È un tema che è all’ordine del giorno del Consiglio Superiore della Magistratura, perché sono episodi che si ripetono un po’ troppo spesso».

L’unica aggressione che però si è sentita in aula è stata quella del giudice contro la madre di Marco.

P: «Quando si definisce una sentenza vigliacca, quando si urla “Vergogna!”, mi pare si vada oltre quello che può essere un confronto civile».

In Cassazione su cosa potete puntare?

A: «Innanzitutto bisogna conoscere la motivazione: a noi preme in modo particolare la difesa dei familiari di Antonio Ciontoli».

Andavano assolti gli altri membri della famiglia?

A: «Il dibattimento ha dimostrato inequivocabilmente una differenza sostanziale nella consapevolezza tra Antonio e gli altri imputati. I due figli e la moglie sono stati indotti in errore dal padre. Le condizioni di Marco, in termini di gravità, non erano percepibili. I famosi due litri di sangue persi sono un’emerita corbelleria, perché Marco il sangue l’ha perso solo internamente».

Come stanno vivendo questi giorni i Ciontoli?

P: «Questo sicuramente non è un passaggio indolore. Questa tragedia che li ha coinvolti non è una cosa che passerà in maniera tranquilla. Per molti anni vivranno questa condizione di sofferenza, al di là di quelle che saranno le risultanze dei processi».