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Proiettato in prima mondiale a Buenos Aires un film inedito e dal carattere rivelatorio su Andrej Tarkvskij: “ Il Dono “ per la regia di Giuliano Fratini

Proiettato in prima mondiale a Buenos Aires un film inedito e dal carattere rivelatorio su Andrej Tarkvskij: “ Il Dono “ per la regia di Giuliano Fratini

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Proiettato in prima mondiale a Buenos Aires un film inedito e dal carattere rivelatorio su Andrej Tarkvskij: “ Il Dono “ per la regia di Giuliano Fratini

Andrej Tarkovskij (1932‐1986), dopo l’uscita nelle sale del film Nostalghia, ha esaurito il permesso da parte delle autorità sovietiche di lavorare all’estero: deve tornare in patria. Dai messaggi che riceve da alcuni amici e colleghi capisce che in Russia lo aspetta una vita ancor più dura rispetto a quella che da sempre gli è stata riservata, nonostante il talento e i successi come il Leone D’Oro per L’Infanzia di Ivanalla Mostra del Cinema di Venezia del 1962. Decide così di strappare con le autorità sovietiche e, un anno prima della Conferenza di Milano del 1984 in cui annuncerà questa decisione, lascia gli amici romani che lo ospitano e si rifugia in una località segreta, nel tentativo di sfuggire al controllo esercitato delle autorità sovietiche anche in terra straniera. Inizia così nel giugno 1983 il soggiorno nel paese di San Gregorio da Sassola, suggestivo borgo medievale in cui può respirare un clima di ritrovata serenità a contatto con la natura e con la semplice umanità degli abitanti. San Gregorio come una nuova “Zona”, anche qui una casa abbandonata come in Stalker, una zona in cui affiorano desideri e visioni. Ma presto capirà di essere stato scoperto, ritrovandosi di nuovo in cammino verso altre direzioni, portando con sè i germi di una malattia che si rivela al suo carattere profetico proprio durante il soggiorno a San Gregorio. Qui porta a termine degli scritti importanti come Scolpire il Tempo, il suo trattato di teoria cinematografica, ma soprattutto la sceneggiatura di Sacrificio, il suo ultimo film.

Il racconto è intessuto di immagini di oggi, del paese di San Gregorio e di quanti hanno frequentato in quel tempo Tarkovskij: tra le altre lucida e insieme fortemente commovente la testimonianza del figlio Andrej Andreevič Tarkovskij, che senza retorica riesce a trasmettere il senso e la forza della ricerca intima del padre, e a punteggiare i momenti di difficoltà dell’autoesilio, dell’impossibilità di riabbracciare il figlio in Russia, del rapporto di profondo legame misto a timore (anche di essere rapito dal KGB) verso la patria, dell’incessante ricerca religiosa, filosofica, estetica, personale.

Bella la descrizione degli abitanti del piccolo paese in provincia di Roma, San Gregorio da Sassola, dei suoi abitanti dei cittadini comuni di questo piccolo borgo laziale che, forse meglio di tutto, testimoniano quello che il regista cercava per il mondo: la via a una propria vocazione restando semplicemente se stessi.

Il film pare suggerire che i suoi personaggi preferiti fossero proprio quegli uomini semplici con cui ogni tanto amava passare un tempo di lavoro e riflessione.

Molte le immagini di repertorio che costellano il film: backstage, interviste, ‘diari’ video domestici – provenienti dalle Teche Rai, di straordinaria bellezza e commozione. E preziosi audio.