ARTE ANTEPRIME FILM CINE&TURISMO CINEMA INTERVISTE LIBERAMENTE LIBRI LO SAPEVATE CHE... MODA E TENDENZE MUSICA NEWS RECENSIONI FILM RECENSIONI SR E JR RUBRICHE TEATRO TV
Caricamento in corso

I Novecento, una band tutta da scoprire

I Novecento, una band tutta da scoprire

Condividi questo articolo:

Novecento

I Novecento, una band tutta da scoprire

Vogliamo raccontarvi l’interessante storia di una band nata 35 anni or sono in questo artcolo/intervista con il tastierista Pino Nicolosi che ringraziamo per la preziosa collaborazione.
Della lontana estate del 1984, tutti ricordano benissimo tante hit che le stazioni radiofoniche trasmettevano a ripetizione (Crueza de ma di De André, Born in U.S.A di Springsteen, Like a virgin di Madonna) ma proprio in quel periodo una in particolare, Moving on, lancia un nuovo gruppo sulla soglia del successo. È l’epoca dell’Italo Disco, quel genere nato in Italia seguendo l’influenza americana, dove la Febbre del sabato sera crea una nuova era per la musica, ma anche per la società. Si è concluso il tempo dei concerti rock in cui il pubblico ascolta in silenzio di fronte al palco. Negli anni ‘80 tutti vogliono divertirsi, partecipare e ballare. I Queen danno il loro contributo con brani come Another one bites to dust e We will rock you. Insieme a loro ci sono Amy Stewart con Knock on wood; Donna Summer con Hot staff e per citare un esempio del nostro paese, Alan Sorrenti con Figli delle stelle.
Sotto questo scenario si inseriscono i Novecento, un illustre quartetto nato da un’idea dei fratelli Pino, Lino e Rossana Nicolosi, che suonano rispettivamente il pianoforte, la chitarra e il basso. A loro, si aggiungerà poi la cantante Dora Carofiglio. Le sonorità elettroniche e leggere, messe insieme a una voce pulita e raffinata fanno la forza. Brani come Movin on o Someday sembrano avere un certo successo ed il gruppo riscuote l’attenzione della critica, anche grazie ad alcune apparizioni televisive. Tra queste ricordiamo il programma Azzurro, ma soprattutto il quiz Superflash su Canale 5, in cui un Mike Bongiorno forse non del tutto consapevole di chi ha di fronte, incoraggia i componenti della band all’apparenza timidi e insicuri. Il conduttore augura loro una promettente carriera, di farsi conoscere all’estero e di percorrere tanta strada. Ebbene, ciò che milioni di telespettatori ascoltano quella sera davanti al televisore è solo l’inizio. Nel corso degli anni, il gruppo stupisce e regala emozioni a non finire per un numero di ascoltatori non decisamente grande. Sono coloro che hanno un buon orecchio, quelli non disposti a lasciare che la musica scorra semplicemente come sottofondo.
I Novecento sono dei veri talenti, talvolta impegnati, talvolta leggeri, forse non catalogabili in nessun  genere specifico.

Quale è il pubblico che oggi ascolta i Novecento? Sono passati 35 anni da quando Movin on vi ha lanciato. Complessivamente quale è il vostro bilancio?

Direi che riguardo al pubblico che ci ascolta oggi, credo che sia un combinazione tra i primissimi ascoltatori ed i giovani che ci hanno scoperto grazie agli artisti internazionali che abbiamo prodotto in questi ultimi anni.

La strada del gruppo continua sulla stessa direzione con altri album piuttosto buoni. Nel successivo Dreamland, il primo singolo Excessive Love con una ritmica accattivante, un preciso giro di basso e sonorità che non hanno nulla da invidiare alle grandi star della disco, è richiesto per la pubblicità di una marca di yogurt. Nel 1989, arriva la prima canzone in lingua italiana, Darei, che oltre a una romantica ballata si rivela un’interessante riflessione sull’amore ed un profondo messaggio di speranza verso il futuro. Grazie a questo brano, il gruppo partecipa all’annuale edizione del Festivalbar. A concludere la prima fase della carriera è Leaving now, disco che vedrà la luce nel 1991. L’omonimo singolo, la più che trainante I need love così come tante altre canzoni incise per questo album, fanno ballare migliaia di giovani nelle discoteche di tutta Italia. Inoltre, il regista Gianni Amelio, chiede ed ottiene il permesso di usare alcuni brani per il film, Il ladro di bambini, vincitore di 5 David di Donatello nel 1992, anche per la colonna sonora.

Alcuni vostri brani, sono stati utilizzati per la colonna sonora di alcuni film come “Il ladro di bambini” o commedie più leggere come “Vacanze di Natale 84”. Recentemente poi, il brano “Tell me something” è stato scelto per il videogioco “Mind Labyrinth” insieme ad altre suggestive composizioni di Ennio Morricone e Nicola Piovani. Cosa significa questo riconoscimento per voi?

Beh, un senso di appagamento e grandissima soddisfazione, soprattutto riguardo al brano “Tell me something”, inserito insieme alle musiche di Ennio Morricone nel videogioco “Mind Labyrinth”.

I Novecento sembrano ormai una band definitivamente connotata e tutti sono convinti che il gruppo si adeguerà alle nuove sonorità. Ma i quattro musicisti sorprendono tutti, firmando con l’etichetta discografica americana Atlantic. Grazie a questo ingaggio, si schiudono loro le porte per collaborare con artisti internazionali.

Dopo il successo dei primi album, cosa ha spinto la vostra band alla ricerca di nuovi orizzonti?

Penso che la ricerca verso nuovi orizzonti sia dovuta al fatto che siamo una band abbastanza anomala sin dagli inizi. Prima della popolarità, abbiamo avuto esperienze musicali molto diverse legate alla black music, al jazz, al rock degli anni settanta ed anche alla musica classica.
Per me questa particolarità ha sempre contribuito ad esplorare  nuove sonorità e panorami musicali.

Novecento e Billy Cobham

Dopo C’è un mondo che, il solo ed unico disco con testi scritti interamente in italiano nel 1997, la band vive un periodo di vera ecletticità. Con il cantante Billy Pretson, il disco You and I è una vera cavalcata tra pop e black music. La svolta definitiva è però il progetto Drum and voice, realizzato nel 2001 con il supporto di Billy Cobham, uno tra i più grandi batteristi viventi al mondo. Con lui, per quel disco che poi si rivelerà capostipite di una vera e propria collana, parteciperanno illustri ospiti tra cui: Michael Brecker al sax tenore; Randy Brecker alla tromba; Eddie Gomez al contrabbasso; Ricky Bailey e Gregg Brown, il cantante degli Obisisa alla voce. Insieme a loro è d’obbligo citare altri grandi musicisti italiani: Marco Fadda alle percussioni, Fabrizio Bosso alla tromba, Leonardo Govin al trombone, Giorgio Molteni al violino, Lorenzo Ravazzani alla viola e Luca de Muro al violoncello.

Nel disco c’è una bellissima versione dello standard jazz Red baron; assoli puliti ed eleganti del sassofono e della tromba suonati rispettivamente da Randy Bracker e Fabrizio Bosso in Ooky dokky e Jah spirit; l’energia di Ricky Baley nell’interpretare I want you back; la qualità degli stessi Novecento, che tornano ad incidere Leaving now per la terza volta mostrando una grande prova di maturità. Tutto questo fa di Drum and voice Vol.1 un disco che, nonostante sia ritenuto di importanza minore, è un autentico capolavoro.

“Drum and voice” è sicuramente una delle vostre opere maggiormente ambiziose. Dal 2001 al 2016 siamo giunti a quota 4 album. Come nacque l’idea? E’ stato difficile convincere così tanti ospiti a partecipare?

Contattammo Billy Cobham poco tempo prima del 2001 per un collaborazione in una nostra produzione, e in quell’ occasione gli facemmo sentire alcuni nostri brani. Vista la reazione molto positiva gli proponemmo un progetto su di lui. Da lì è nato tutto.
Riguardo alla partecipazione degli ospiti, non è stato per niente difficile coinvolgerli. In primis perché è piaciuto molto il progetto, poi perché per molti di loro Cobham è sempre stato un punto di riferimento musicale. Tra l’altro alcuni degli ospiti avevano già collaborato in passato con Cobham.

“Leaving now” è forse la vostra canzone maggiormente conosciuta. Oltre all’originale, il brano è stato inciso altre due volte (“Liberi” in “C’è un mondo che” e l’omonima versione arrangiata in chiave jazz con Eddie Gomez e Billy Cobham). Quale è quella che preferite di più e perché?

Devo dirti che anche all’ interno della band, su questo brano, abbiamo preferenze diverse, io (a differenza degli altri componenti del gruppo) preferisco la versione arrangiata in chiave jazz con Eddie Gomez e Billy Cobham.

Stanley Jordan

Seguendo le orme di Drum and voice, i fratelli Nicolosi, tornano in studio nel 2003 per registrare un altro album destinato ad impressionare i più curiosi, Dreams of peace. Ancora una volta parliamo di jazz, ma l’ospite d’onore è il virtuoso chitarrista Stanley Jordan. Sin da Flying on the sky, il brano di apertura, le note lasciano letteralmente trasportare chi ascolta in un tranquillo e affascinante viaggio lungo percorsi in cui si incrociano lo stile di George Benson (Dreams of peace), della Allman Brothers Band (Spring) e di Peter Gabriel (I can show you Something). Insomma, una vasta quantità di ingredienti per una torta musicale a base di funky, jazz, black e world music. Che sia dolce o salato, non è difficile addentarla con gusto.

 

Eumir Deodato

Nel 2011, un’altra grande prova per i Novecento è la nuova fatica in studio in cui il gruppo accompagna il noto compositore Eumir Deodato, che qualcuno ricorderà per la famosa versione elettronica di Also sprach Zarathustra di Richard Strauss, incisa nel 1972. L’album The crossing propone un altro itinerario meraviglioso tra pop, jazz e funky. Insieme alla band e al musicista brasiliano ci sono altri grandi nomi: Paco Sery, John Tropea, Billy Cobham, Airto Moreira, ma soprattutto la grande voce di Al Jarreau, che intona il brano di punta. Double face è una canzone pop capace di lasciarsi apprezzare attraverso sonorità semplici e un ritmo incalzante per ballare. Le improvvisazioni vocali di Al ed il tipico stile di Eumir nei suoi assoli aggiungono un pizzico di jazz. Double face è il pezzo da novanta di The crossing, ma anche il resto dell’album non si può dire che sia da meno. Tra i brani maggiormente rappresentativi segnaliamo I want you more, in cui Dora Carofiglio e Al Jarreu improvvisano con la voce, avvalendosi dello scat sining; la splendida ballata No getting over you con i Londonbeat e una versione decisamente moderna dell’indimenticabile classico Gershwiniano Summertime.

Due parole su Eumir Deodato, Stanley Jordan e sugli album che avete prodotto per loro (“Dreams of peace” e “The crossing”)

Entrambi sono due grandissimi musicisti, anche se appartenenti a periodi musicali diversi.
Deodato fa parte della storia musicale, ed è stato uno dei primissimi musicisti che abbiamo ascoltato. Siamo cresciuti musicalmente con la sua musica e con la musica di molti altri storici musicisti di quel periodo.
Riguardo a Stanley Jordan direi che è stato rivoluzionario il suo modo molto particolare di suonare la chitarra. Per noi è stata una grandissima gratificazione vedere, nel 2005, salire il brano “Easy love” alla prima posizione della prestigiosa radio CD101,9 che all’ epoca trasmetteva all’ Empire State Building di New York. 

Brani strumentali come “Electric man” e soprattutto “Ozone” con due bassisti (Jeff Berlin e Rossana Nicolosi) e quei sensazionali riff di batteria, vi hanno dato la possibilità di esprimere al meglio i vostri talenti. Ascoltandoli, la mente mi conduce spesso ad altri grandissimi talenti come Marcus Miller o Chick Corea. Come la vedreste la possibilità di collaborare in futuro con uno di questi nomi?

Questa possibilità sarebbe molto stimolante, abbiamo lo stesso linguaggio musicale, e potrebbe succedere.

Tra gli altri brani interessanti, menzioniamo anche Alive con la cantante Chaka Khan in Drum and voice Vol.3 e Stop the time, registrato nel 2008 per l’album Secret. Se quest’ultimo all’apparenza sembra un rock arrabbiato, la canzone è in realtà un’autentica medicina antistress, un invito a fermare l’orologio per prendersi una pausa e cambiare umore, naturalmente in compagnia della musica.

Se doveste scegliere un brano tra tutti quelli che avete inciso nell’arco di questi 35 anni, ce ne è uno che considerate migliore tra tutti? Perché?

È una domanda difficile, forse “Leaving Now” perché rispecchia maggiormente lo stile musicale della band e aggiungerei anche il brano “Artic” che fa parte dell’album “A new day”.

Una tematica a voi particolarmente cara è quella del sogno. Sogni d’amore, sogni di pace, sogni spirituali. E si vivono in brani come “Questa notte”, “Dreams of peace”, “Sogni che rimangono”, “Immagini”. Cosa significa per voi sognare? Se ci sono, avete ancora qualche sogno intatto nel cassetto?

Generalmente per quello che ci riguarda, i sogni sono anche un po’ la realizzazione dei nostri progetti musicali devo dire che molti dei sogni poi si sono realizzati.

Avvalendosi della collaborazione di illustri colleghi, la band ha infine inciso un ultimo lavoro con Billy Cobham nel 2016, il Drum and voice vol.4.
Questi sono i Novecento, un gruppo multi stile, capace di scalare le classifiche dei singoli più ballati in discoteca, come di registrare un disco portando in Italia musicisti di fama mondiale e tutti diversi tra loro. Al termine di un loro concerto con Cobham, lo stesso batterista lasciò il palco dichiarando che una cosa del genere dovrebbe accadere in ogni parte del mondo e non solo in Italia… il bello è che molti italiani non sanno nulla di tutto ciò.

Sono circa 3 anni che la band non realizza nuovi album o non produce dischi per altri artisti. Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?

Pino, Lino, Rossana Nicolosi e Dora Carofiglio

Al momento non ci sono nuove produzioni in cantiere, volevo sottolineare pero’ che la nostra etichetta (la Nicolosi Productions), si dedica anche alla distribuzione di dischi anche prodotti da altri artisti internazionali, come è avvenuto di recente.

Qui si ferma il racconto, siamo in attesa che la loro storia possa continuare con tante inaspettate sorprese.

Eugenio Bonardi