Giorgio Moroder celebra la dance music nel primo tour della sua carriera
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Alle soglie degli ottanta anni… il tre volte premio Oscar Giorgio Moroder rende omaggio agli Anni Ottanta nella prima tournée della sua carriera, “The Celebration of the 80s”. La quale, cominciata in aprile, toccherà le capitali europee… passando dall’Alto Adige, la terra natia del fondatore della dance music.
Davanti ad un pubblico formato – sorprendentemente – soprattutto da giovani entusiasti, Moroder s’è infatti esibito all’ippodromo di Merano all’interno del Maia Music Festival. E l’ha fatto accompagnato da una band al completo, quattro cantanti (tre donne e un uomo), due chitarristi, due percussionisti, un tastierista, un bassista… Uno spettacolo che ha rievocato una carriera straordinaria fatta di oltre settecento brani e un’inarrivabile costellazione di collaborazioni, che vanno da Barbra Streisand a Kylie Minogue, dai Queen ai Coldplay, da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato a Lady Gaga, da Britney Spears a Sabrina Salerno, da Nina Hagen a Janet Jackson, e per i film di registi quali Brian De Palma, Adrian Layne, Alan Parker, Wolfgang Petersen, Paul Schrader e Tony Sott.
Moroder, al centro del palco dietro la sua console, ha introdotto i brani dialogando con il pubblico, qua e là da lui stesso invitato ad accompagnare con canti e balli i suoi brani immortali, quelli che nessun dj dance al mondo può permettersi di ignorare nelle proprie scalette: da “Looky Looky”, una delle prime canzoni, quella del Cantagiro 1970, a “Love to Love You Baby”, il pezzo che nel 1975 aveva fondato la disco music; dalla scatenata “Flashdance… What a Feeling” alla romantica “Take My Breath Away” di “Top Gun” (le due canzoni premiate con l’Oscar); dalla “NeverEnding Story” del film omonimo tratto dal capolavoro di Michael Ende a quell’altro capolavoro – che dal buio appare e ci emoziona ogni notte in discoteca – che è “I Feel Love”, composto nel 1977 da Moroder con Donna Summer e Pete Bellotte.
L’esecuzione proprio di quest’ultimo brano non poteva che essere speciale: Moroder ha incantato il pubblico chiedendo ai suoi artisti di far emergere una dopo l’altra le varie tracce ritmiche e sonore della canzone, fino al completamento del brano con l’entrata in scena della magnifica voce solista. “Tracce”, va ricordato, eseguite tutte dal vivo dagli strumentisti, in quella sorta di “umanizzazione del digitale” tanto cara al maestro di Ortisei. La dirompente e rivoluzionaria potenza delle cui composizioni risiede forse proprio in questo, nell’armonica e costante fusione tra le componenti umana ed elettronica.
Il triplice selfie finale con salto davanti al suo amato pubblico e il brano composto per il duo francese dei Daft Punk hanno fatto trionfalmente valicare a Moroder la barriera degli Anni Duemila, proiettando la sua arte nei giorni nostri, a testimonianza di una carriera davvero… “never-ending”.