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Brad Pitt in concorso a Venezia con “Ad Astra” di James Gray

Brad Pitt in concorso a Venezia con “Ad Astra” di James Gray

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L’astronauta Roy McBride, figlio del pioniere stellare più decorato, è chiamato ad una rischiosa impresa: rintracciare quest’ultimo e scongiurare la scomparsa della Terra. Il padre, infatti, assieme all’equipaggio della sua missione, non è più tornato dall’orbita di Nettuno. E sono passati decenni. Ora, da là, ai confini del nostro sistema solare, sono cominciati a provenire minacciosi e nefasti raggi distruttivi…
Brad Pitt è il protagonista assoluto del film, di cui è anche produttore. E in cui sembra aver trasposto alcuni tratti peculiari del personaggio interpretato per l’ultimo Tarantino: condizioni fisiche impeccabili, battito cardiaco basso, lucidità, autocontrollo, poche e misurate parole… Il suo astronauta è, insieme, un superesperto tecnologico e un saggio filosofo. Una doppia identità che contraddistingue anche il film, sospeso tra la “fantascienza verosimile” di un “futuro prossimo”, un’attenzione cioè nel rappresentare delle soluzioni astronomiche che non stravolgano ma sviluppino gli attuali progressi; e alcune ingenuità narrative. Sospese, anch’esse, tra voglia di inserirsi in una tradizione cinematografica (con i suoi capolavori) e bisogno di escogitare delle complicazioni in grado di scuotere (ahinoi soltanto in superficie) una trama di per sé lineare e tutto sommato prevedibile. Una trama, per giunta, appesantita dai ridondanti echi spaziali del tappeto sonoro e da metafore abusate e applicate altrove con risultati più sfaccettati e sfumati. E quindi il viaggio in solitaria con approdo edipico e intermezzo di scimmie (“2001: Odissea nello spazio”); la Liv Tyler di “Armageddon”; i rover (!) del primo allunaggio… A partire soprattutto da questi ultimi si riscontrano ingenue inverosimiglianze che depotenziano un’impostazione raccolta e concentrata sull’uomo che altrimenti sarebbe potuta riuscire ben più affascinante e pervasiva.
Basti pensare che, su una Luna largamente abitata, con articolate basi spaziali, si ricorre a dei miseri rover scoperti per trasportare l’uomo che può salvare la Terra, tra l’altro attraverso una landa funestata da tenaci predoni assassini… Senza contare l’approdo del film, con tutto il corollario delle sbrigative tappe che concludono la missione.
E così pure il gradimento dello spettatore rimane, amaramente, sospeso.

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