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BRASSERIE di Koffi  Kwahulé, andrà in scena dal 5 all’8 marzo al Teatro Kerios di Roma con la regia di Tiziana Bergamaschi

BRASSERIE di Koffi  Kwahulé, andrà in scena dal 5 all’8 marzo al Teatro Kerios di Roma con la regia di Tiziana Bergamaschi

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Da qualche parte in Africa, una guerra fratricida ha distrutto tutto il paese. I conquistatori, due clowns sanguinari sono riusciti a prendere la Birreria (Brasserie) che miracolosamente resiste al massacro. Questa importante fonte di reddito per sostenere il nuovo dittatore, naturalmente più avido di potere che di democrazia, dipende da una donna europea con la quale i due giannizzeri devono giungere a un accordo. Passando dalla violenza omicida dei “liberatori” a una paccottiglia disgustosa di neocolonialismo, attraverso l’appropriazione di soldi pubblici e false promesse politiche, la pièce ci fa entrare con molto sarcasmo e derisione negli orrori della guerra, di ogni guerra, e nel futuro incerto che ne seguirà.

Koffi  Kwahulé è un autore ivoriano che vive e lavora a Parigi. In Italia ho avuto il piacere di mettere in scena il suo “Big Shoot” al Teatro Vascello di Roma all’interno di Festa d’Africa Festival e di curare la mise en espace di “Bintou” per l’Accademia dei Filodrammatici, andata in scena nel 2008 per una sola serata al Teatro Filodrammatici di Milano. In entrambi i casi Koffi Kwahulé era presente.

BRASSERIE è un testo che lui stesso mi ha inviato e che per anni è rimasto nel cassetto.

La mia compagnia Teatro Utile il viaggio, che è nata tre anni fa a seguito e parallelamente alla mia collaborazione con l’Accademia dei Filodrammatici sul progetto “Teatro Utile”, è sicuramente la più adatta a mettere in scena questo lavoro poiché gli attori sono artisti provenienti da diversi continenti, tra cui l’Africa.

Il testo tradotto da Mateo Çili e Olivier Elouti è stato pubblicato dalla casa editrice La tigre di carta.

Alcune note di regia

Quattro attori, tre uomini e una donna, giocano in scena la rappresentazione violenta e ridicola della guerra. L’azione si svolge in una birreria, ultimo baluardo da espugnare, e la trama rilegge il colonialismo e il post colonialismo in chiave ironica, grazie a uno stile grottesco di grande forza. La parola è una parola che deve molto al ritmo e alla musica jazz, tanto amata da Koffi. Una parola contaminata, onomatopeica, corrosiva. La violenza passa anche attraverso il linguaggio: nell’incapacità di articolare un pensiero, nell’afasia e nel balbettio di uno dei protagonisti, così come nell’uso di una lingua straniera (il tedesco) da parte dell’unica donna. Il pubblico è presente nell’azione poiché rappresenta le ombre di tutti gli uomini e le donne vittime di un’insulsa guerra. Spesso gli attori si rivolgono a loro o ne hanno paura come Macbeth dal bosco di Birnam. E in qualche modo questo testo ricorda l’opera di Shakespeare, nel mostrarci il vortice di nonsense a cui il desiderio di potere può condurre. Difficile essere insensibili a questa pièce che con umorismo e derisione ci mostra cosa sono la guerra e la lotta per il potere, con uno sguardo crudele sulla pochezza dell’uomo e sul suo destino. L’inizio dello spettacolo è brusco poiché vede i due attori che interpretano Caporal Foufafou e Capitan Fotte la Morte, entrare dalla platea aprendo le porte del teatro e conquistando il palcoscenico, mentre il pubblico assiste inerme. Sulla scena si sviluppa una storia che confonde canti di bambini in tedesco, viaggi velocissimi tra l’Africa e Parigi e trattative scorrette tra i protagonisti. E’ un mondo che vive nel caos, dove ognuno recita un ruolo che può cambiare secondo la necessità e che ci obbliga ad interrogarci sul mondo, sull’egoismo e sull’aggressività, sulla confusione tra politica ed economia, insomma sui rapporti complessi del nostro tempo.

Il riso è proprio dell’uomo dice Aristotele e forse grazie ad una grande risata potremo mettere alla berlina una realtà sociale e politica che mai come in questo tempo è incapace di critica e analisi.  (Tiziana Bergamaschi)

Traduzione: Mateo Çili e Olivier Elouti; Drammaturgia e regia: Tiziana Bergamaschi; Interpreti: Mateo Çili,  Yudel Collazo, Olivier Elouti, Tamara Fagnocchi; Assistente alla regia Yordy Cagua

 

Notizie su Koffi Kwahulé

Nato a Abengourou (Costa d’Avorio) nel 1956. Drammaturgo e romanziere si è formato all’Istituto Nazionale delle Arti di Abidijan e alla Sorbonne di Parigi dove ha conseguito una laurea in studi teatrali. E’ autore di una trentina di pieèces pubblicate dalle edizioni teatrali Lansman, Actes Sud-Papiera e Acoria. Tradotto in diverse lingue in Europa, Africa, Latino America, Stati Uniti, Canada e Giappone. Ha ricevuto il Grand Prix de Littérature dramatique nel 2017 per L’Odeur des arbres e il Grand Prix Ahmadou-Kourouma 2006 per il suo romanzo Bebyface. I suoi testi attraversano i corpi, mostrano la carne e hanno una dimensione sensuale, spesso accompagnata da un sottile umorismo. Musicale, vicino al ritmo, a volte frenetico, a volte a scatti come il jazz, la sua scrittura s’insinua nelle profondità di un’umanità sempre messa in discussione attraverso l’uso della metafora, della satira e del burlesque.