ARTE ANTEPRIME FILM CINE&TURISMO CINEMA INTERVISTE LIBERAMENTE LIBRI LO SAPEVATE CHE... MODA E TENDENZE MUSICA NEWS RECENSIONI FILM RECENSIONI SR E JR RUBRICHE TEATRO TV
Caricamento in corso

NON PERDERTI NIENTE, PAROLA DI LUCA BARBAROSSA

NON PERDERTI NIENTE, PAROLA DI LUCA BARBAROSSA

Condividi questo articolo:

“A sedici anni il dire e il fare sono praticamente sinonimi. L’azione del pensare arriva dopo, quella del ripensare a sessanta”. È uno dei passaggi che spiega come mai il neo sessantenne Luca Barbarossa, tra i cantautori più amati della scuola romana tra gli anni Ottanta e Novanta e da oltre dieci anni alla guida di Radio 2 Social Club, si sia fermato a scrivere un libro Non perderti niente appena pubblicato da Mondadori (pag. 180, euro 18).

Un romanzo autobiografico che passa in rassegna una o più generazioni, quella che usciva dagli anni bui del terrorismo fino a quella ovattata che temeva invece come male assoluto il millennium bug, quando a cavallo del nuovo secolo, il temuto baco avrebbe dovuto mandare in tilt il pianeta e le sue regole informatiche. Così non fu, come non è stata una vita semplice quella di Luca Barbarossa che nel libro si racconta a cuore aperto, dal primo amore per Sophie, ragazza francese che conobbe a piazza Navona alla fine degli anni Settanta e che lui voleva aiutare a farla smettere di bucarsi, fino agli incontri con personaggi come Adriano Panatta, Luciano Pavarotti e Maradona.

Anni che raccontano di un Barbarossa giramondo, da Parigi a Londra, da Madrid a Lisbona, tutto per lasciarsi dietro la vita di campagna a Mentana dove ragazzo venne “deportato” da sua madre, la stessa signora Annamaria a cui dedicherà la canzone che lo porterà al trionfo nel 1992 al Festival di Sanremo con Portami a ballare.

Il libro, quasi un romanzo di formazione, è un vero tuffo nel passato. Un tuffo molto nostalgico come chi, raggiunto i sessant’anni sente il bisogno di fermarsi un attimo (Barbarossa lo ha scritto durante il primo lockdown, la scorsa primavera) guardarsi allo specchio e ripensare a ciò che si è stati e cosa si è diventati. A quegli anni in cui la faccia “da bravo ragazzo con la chitarra” faceva comodo ai discografici che avevano trovato un altro giovane talento (a 19 anni vince il Festival di Castrocaro con Roma Spogliata che gli vale il ticket per Sanremo), ma non a lui che nonostante i primi successi, Come dentro un film, l’amore rubato, Yuppies pensava a una musica meno leggera e più impegnata. Prova ne è che proprio all’apice del suo successo Barbarossa cambia registro e dà alla stampa un disco più impegnativo Al di là del muro (siamo nel 1989) che cerca di fare un salto rispetto alla produzione precedente.

Il libro è un album di ricordi vivi, dalle scorribande in mezza Europa a bordo di una impresentabile Dyane6 fino ai nostri giorni con considerazioni che fanno pensare, soprattutto adesso che viviamo sospesi nell’era della pandemia. “Allora nei confronti dell’altro – scrive Barbarossa – non c’era la diffidenza alla quale oggi purtroppo siamo abituati. Certe sere finivamo a dormire a casa di persone che avevamo conosciuto pochi minuti prima. Ci si fidava di più e il bilancio era umanamente positivo”.

Fiducia, questo è il leitmotiv che intreccia le pagine di vita vissuta raccontate dal cantautore romano, cresciuto con un sacco a pelo e una chitarra. Fiducia innanzitutto in sé stesso, anche nei momenti più duri che inevitabilmente si attraversano. Come quando, dopo il successo di Roma spogliata ci sono cinque anni di pericoloso silenzio, interrotti poi dal successo di Via Margutta.

“Si fermò completamente la giostra messa in moto con il primo Sanremo – annota Barbarossa – ero partito alla grande, forse troppo. Non è facile superare quella linea di confine che divide i tantissimi che azzeccano una sola canzone, sparendo poi nell’oblio, da quelli che trasformano la loro passione nel senso stesso della loro esistenza, con costanza e determinazione, riuscendo a vivere del proprio lavoro e contando sulla propria creatività”. Che per Barbarossa significa mettere da parte la musica americana e concentrarsi sulla canzone popolare, di diventare quel “cantastorie” che racconta i ragazzi del suo Quartiere, la favola di un bambino che Da grande accanto a sogni e aquiloni da far volare è consapevole che la vita possa essere sofferenza e pianto.

Barbarossa tutte queste emozioni le ha racchiuse nel suo Non perderti niente che potrebbe essere interpretato come una sorta di imperativo categorico, un monito, o più semplicemente un consiglio che si offre al lettore. Come a dire la vita, nonostante tutto, le tribolazioni e i continui sali e scendi, resta un incredibile viaggio che va affrontato senza tirarsi indietro.

Se semo amati, feriti, traditi e accarezzati – canta Barbarossa nel suo ultimo brano Passame er sale portato a Sanremo nel 2018 dopo sette anni di silenzio e dopo molta radio e musica live ma senza nessuna sua canzone – Se semo presi, lasciati, pentiti e aritrovati. Pe’ ogni fijo amato e cresciuto n’avemo fatte de notti. Mo li vedi anna’ in giro ner monno coi nostri occhi”. Che è il destino di ognuno di noi, cercare di lasciare un segno di sé che vada oltre la quotidianità. C’è chi lo fa con le poesie, chi con la pittura, chi girando un film, chi molto più semplicemente vivendo con onestà e dignità il proprio percorso. E chi, come Luca Barbarossa, con la musica e le parole.