Presentato “Ezio Bosso. Le cose che restano” di Giorgio Verdelli
Condividi questo articolo:
Già presentato alla 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ed in uscita in sala per il 4, 5, 6 ottobre il pregevolissimo film sullo scomparso Ezio Bosso è stato oggi presentato alla stampa.
Immagini stupende per un personaggio altrettanto stupendo, un uomo la cui vita è divenuta un paradosso perché la sua inguaribile malattia, della quale soffriva dal 2011, che lo ha portato ad una prematura scomparsa, malgrado tutto non gli impediva di suonare e incantare il pubblico di tutto il mondo.
Il film si concretizza con immagini ed interviste a tanti personaggi del genere di Gabriele Salvatores, Paolo Fresu, Silvio Orlando ( suo amico da sempre ) che ne hanno decantato le immense doti artistiche ed umane, un uomo, come ebbe a dichiare lui stesso “…….con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono ”.
L’amore per l’arte, per la musica di Beethoven in particolare, è stato ampiamente evidenziato nel film attraverso musiche che definire stupende è veramente limitativo ed immagini dal carattere fantasmagorico assolutamente attraenti come quelle girate all’arena di Verona nel 2019 ( dove diresse i Camina Burana ) o al Festival di Sanremo dove si esibì nel 2016 (all’epoca non era ancora molto conosciuto in Italia ) commovendo il pubblico con una frase dal carattere lapidario ma certamente colma di speranza: “…….La musica, come la vita, si può fare solo insieme “.
Delicati i passaggi operati dal regista per descrivere il contenuto dolore provato dal Grande quando, nel 2019 smise di suonare il pianoforte e chiese pubblicamente: “Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza”.
La sua vita è stata concretamente analizzata in questo film frutto di un poderoso lavoro di archivio e di montaggio sapiente, molto efficace, che ha saputo descrivere il passaggio del Maestro dalla esecuzione orchestrale alla direzione d’orchestra mettendo da parte il dolore fisico ed intimo che Bosso provava per le limitazioni che lo attanagliavano.
Tutto in questo film è amore, amore per l’uomo, per l’umanità intera, per la musica che egli definiva “ …una vera terapia “, una cura per l’anima, una maschera che gli consentiva di mascherare il dolore.
Nel film il racconto è affidato allo stesso Bosso, attraverso la raccolta e la messa in fila delle sue riflessioni, interviste, pensieri in un flusso di coscienza che si svela e ci fa entrare nel suo mondo, come in un diario. La narrazione è stratificata, in un continuo rimando fra immagine e sonoro. Le parole dell’artista si alternano alla sua seconda voce, la musica, e alle testimonianze di amici, famiglia e collaboratori che contribuiscono a tracciare un mosaico accurato e puntuale della sua figura.
Commento all'articolo