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Diabolik non perdona. E chi lo tocca… si scotta. Recensione

Diabolik non perdona. E chi lo tocca… si scotta. Recensione

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Diabolik non perdona. E chi lo tocca… si scotta.

Era successo nel 1968 per il film di Mario Bava, rischia di ripetersi ora per questo tentativo dei fratelli Manetti. Una pellicola tecnicamente anche ben fatta, con interpretazioni valide pur se non eccezionali (a parte una strepitosa Miriam Leone), ma che lungo le 2 ore e 13 minuti stenta a decollare del tutto. Un’opera, nelle sale dal 16 dicembre in 500 copie (in una sfida a distanza con l’ultimo capitolo di Superman) che risente però del “peccato originale”, in parte confessato dalla coppia di registi nella conferenza stampa di presentazione: quello di aver rinunciato alla verve e spregiudicatezza che li ha fatti conoscere per una trasposizione «classica», come l’hanno definita, di Diabolik. E’ un rapporto ostico con il cinema quello di questo personaggio, archetipo del fumetto italiano anche per adulti, inventato nel novembre 1962 dalle sorelle Giussani (e pubblicato da Astorina) con quella magnifica ambiguità di queste figlie della borghesia lombarda capaci però di sognare il “Re del terrore”, il ladro più feroce della storia, figura di criminale che sfugge sempre alla giustizia.

Nel film, prodotto da Mompracem con Rai cinema, la forma c’è, soprattutto per la scenografia e la ricostruzione storica, con quel gusto di provincia italiana anni Sessanta ormai semi-perduto, una messa in scena curata con il sapore italiano. Epperò manca la giusta atmosfera globale, non c’è clima da thriller, si doveva fare uno sforzo in più nei termini di una maggiore tensione. Insomma, dentro c’è tutto e poco al tempo stesso. La storia è quella dell’albo numero 3, “L’arresto di Diabolik”, e vede Diabolik (Luca Marinelli) confrontarsi con l’ispettore Ginko (Valerio Mastandrea) nella caccia a un famoso diamante rosa. Un albo scelto non a caso: è il primo in cui vi compare Eva Kant, affascinante ereditiera fresca vedova che arriva dal Sud Africa, proprietaria del diamante, attorno al quale nasce fra i due quell’ ”amore fra illegali” che farà da sfondo a mille altre avventure. Una sorta di «femminista ante litteram» Eva, come l’ha presentata la Leone, che resta subito irretita dal suo uomo vivendo però con lui un rapporto alla pari e che non ama essere relegata ai margini. Il tutto in una Clerville, meno suggestiva della spettrale Gotham City, ambientata fra Milano e Trieste (mentre per le scene in montagna si è scelta Courmayeur), che ben riproducono quella località non reale ma assolutamente realistica scelta come location del fumetto. E nelle cui strade sfrecciano la Jaguar E-Type del ’62 e la Citroen DS dell’ispettore che sono le altre protagoniste del film. Felice è la scelta dei colori attenuati, a partire dal rosso del sangue in una delle scene iniziali, per riprodurre in parte il bianco e nero delle tavole originarie. Anche da questo particolare, tuttavia, si evince che i Manetti bros. sono rimasti soggiogati dal rispetto avvertito verso un fumetto che ha fatto parte della loro adolescenza e che rappresenta comunque un monumento nel panorama fumettistico; un rispetto, anzi una devozione che li ha portati a una lettura quasi filologica della cultura di Diabolik, smarrendo un po’ lungo le strade degli inseguimenti (che riecheggiano con evidenza, ma pure qui con minor fascino, quelli di Cary Grant in Costa Azzurra) le emozioni che sono il sale di ogni opera filmica. E restituendo allo spettatore una visione algida come lo è la Kant/Leone, che però in questo aspetto glaciale sublima un’interpretazione che ne conferma le belle potenzialità. Ne finiscono vittime, invece, gli altri interpreti, con un Marinelli e un Mastandrea (che per sua ammissione non ha studiato il personaggio di Ginko, affidandosi all’istinto e ai suoi ricordi) bravi ma ossessionati dai loro personaggi – sempre nel tentativo di rispettare il fumetto originale – da risultare troppo monocordi nelle loro prove.

Peccato per un film che rappresenta comunque uno sforzo produttivo notevole, esempio non frequente nel panorama nazionale, ancor più nell’epoca del Covid che ne ha ritardato di un anno l’uscita. Sono sensazioni chiamate presto alla verifica: sono già in preparazione un secondo e un terzo film, dove però Marinelli ha lasciato il posto a Giacomo Gianniotti, attore italo-canadese proveniente dalla serie “Grey’s anatomy”. Vedremo se la rotta sarà corretta. Diabolik, appunto, non perdonerebbe… quello “vero”

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