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Dal 21 agosto nelle nostre sale “Maxxxine”, terzo e ultimo capitolo della saga “X” di Ti West e Mia Goth

Dal 21 agosto nelle nostre sale “Maxxxine”, terzo e ultimo capitolo della saga “X” di Ti West e Mia Goth

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Presentato in anteprima stampa alle 20:00 dell’11 luglio nella sala 3 del Palazzo del Cinema Anteo di Milano, uscirà nelle nostre sale tra meno di un mese l’ultima fatica thriller-horror del duo Ti West-Mia Goth.

In “Maxxxine” ritroviamo la bella protagonista che dà il titolo al film poco più di un lustro dopo la carneficina in fattoria che aveva coinvolto lei e i suoi compagni di set porno per il tramite della coppia di vecchi pazzi assassini.

La minaccia per la sua vita e le sue ambizioni professionali si riaffaccia, trasformata ora in un fantomatico “Night Stalker”, un assassino seriale di varie ragazze della notte. I sadici e impuniti omicidi sembrano cavalcare l’onda dei sempre più insistenti movimenti di protesta organizzati da gruppi di fanatici religiosi per fermare l’industria cinematografica di Hollywood, da loro vista come fabbrica non tanto di sogni quanto di demoniache depravazioni.

La scia di sangue e sfregi dilaga e il cerchio si stringe attorno a Maxine Minx: le ultime vittime sono proprio sue colleghe. Colleghe “miste” perché la protagonista si divide quotidianamente su due campi artistici agli antipodi: “di notte” ancora protagonista degli show a luci rosse nei sobborghi della città e dei set hard che l’hanno resa famosa tra gli amanti del genere, “di giorno” attrice seria e aspirante star cinematografica impegnata nei provini della Hollywood che conta.

Il film si apre con un cortocircuito, il provino di Maxine per il ruolo principale del sequel dell’horror “La puritana”, film il cui sviluppo e le cui atmosfere – oltre ai contenuti, a cominciare proprio da quelli del provino – s’insinuano nelle pieghe dell’opera che li ospita. L’ostacolo maggiore tra Maxine e la sua massima aspirazione professionale non è tanto il suo doppio e precedente lavoro nel porno, comunque mal tollerato dallo star system, quanto piuttosto le sue responsabilità nella carneficina di sei anni prima, un coinvolgimento immortalato su un nastro che la protagonista sperava essere sparito…

Armato proprio di quel nastro, un torbido detective privato e corrotto (il perfetto Kevin Bacon) pedina Maxine con lo scopo di ricattarla: ad assoldarlo è stato un oscuro figuro che ha assistito, visceralmente contrariato, proprio ad un peep show di Maxine e che, forse, è il “Night Stalker” a cui la polizia sta dando la caccia…

Il terzo capitolo dell’autore totale Ti West (ideatore, sceneggiatore, regista e montatore della saga) indaga il “dopo” di “X – A Sexy Horror Story”; il precedente “Pearl”, successivo al capostipite, si occupava invece del “prima”, ovvero la “formazione assassina” proprio della donna che sarebbe poi diventata la spietata e viscida anziana della strage in fattoria, interpretata, anche là, dalla stessa Mia Goth (là avvolta nel prostetico, qui nella sua disarmante naturalezza).

Divenuta nel tempo l’altra anima del progetto (in “Maxxxine” è produttrice esecutiva), l’attrice britannica, dopo aver condiviso gran parte del primo film con dei comprimari a tratti di pari importanza (una su tutti, Jenna Ortega), è diventata nelle due realizzazioni seguenti protagonista assoluta e incontrastata.

“Pearl”, addirittura, più che un horror è un saggio di bravura, verrebbe da dire “di diploma” per l’attrice, che – complici il mentore West e il di lei ruolo di co-sceneggiatrice – si regala due lunghi monologhi-piani sequenza d’esasperata intensità, con buona pace dell’incalzante sviluppo, delle sorprese mozzafiato, della pervasiva ambiguità, del sangue e dell’articolata costruzione psicologica di tutti i personaggi che impreziosivano il film apripista.

Al contrario, i due ultimi capitoli centellinano uccisioni e tensione, azzerando i nudi della protagonista, ben presenti e ottimamente gestiti, invece, nel primo capitolo. A ciò si aggiungono le differenze di budget e respiro narrativo tra i tre capitoli: se il primo s’è rivelato un piccolo e variopinto miracolo a bassissimo costo, l’impianto scenico-narrativo di “Pearl” – dal budget comunque largamente superiore – è circoscritto, trattenuto in fatto di ricostruzione storica (anche e soprattutto in “post”), location (sostanzialmente tre di numero) e accadimenti (si contano su una mano).

In “Maxxxine”, con un budget ulteriormente ampliato, si torna invece a respirare l’ampiezza di vedute e trovate del regista, con convincenti scene in esterni ambientate negli anni ottanta, proliferazione di location, interne ed esterne, di personaggi e di avvenimenti, omaggi a Hollywood (la casa di “Psycho”…) e l’ingresso nel cast di una seconda superstar, Kevin Bacon, e un’attrice di fama e carattere quale l’algida e pungente Elizabeth Debicki.

Il film dimostra l’intelligenza del suo autore nel connettere passato e presente con i flashback “della memoria” della protagonista (e di noi spettatori), frammenti di scene – tra cui l’unico nudo (di repertorio) di Goth, nella performance del pregresso “film(porno)-nel-film(horror)” – che s’inseriscono nella nuova narrazione talvolta – ahinoi – con una ridondante funzione didascalica che indebolisce il già limitato crescendo emotivo.

Vedasi il trittico di flashback che (ci) ricordano a Maxine quello che aveva(mo) ben inteso, la medesima festa nefasta in collina segnalatala da tre diverse (e malcapitate) colleghe. Sì perché “Maxxxine” ha il pregio di una “ricostruzione storica al cubo”, guardando sia ai colorati, rutilanti ed eccessivi anni ottanta, sia ai coevi capolavori del cinema (Bacon col naso incerottato come il Nicholson di “Chinatown”, Maxine con una striscia scura spruzzata attorno agli occhi come Daryl Hannah in “Blade Runner”) sia infine al film capostipite (mai a “Pearl”), addirittura spiegando efficacemente il ruolo di ciò che là era lasciato soltanto sullo sfondo, quel predicatore ringhiante ed esagitato trasmesso dal televisore in bianconero dei due vecchi e probabile loro insano ispiratore.

Il problema concerne tutto il resto: se la figura di Maxine esce abbastanza ben delineata, con quella sua testarda determinazione a salvarsi ed elevarsi professionalmente a tutti i costi, emancipandosi dal passato recente (la carneficina della fattoria) e lontano (il predicatore), è il contorno a non “elevarsi”, a restare cioè dentro i troppo visti cliché del B-movie, con la desueta simbologia satanica, il malvagio e maldestro detective dalla pistola spuntata, l’immancabile setta di sprovveduti retta da un’unica e soverchiante mente criminale, la schiera di vittime femminili sfregiate e marchiate a fuoco, la male assortita coppia di mesti poliziotti solitari (!) alla caccia di un serial killer di cui parlano tutti i notiziari, coppia che a sua volta pedina Maxine, la quale – esattamente come in “Showgirls” – ha un unico amico, afroamericano (come là, «l’unico che non se la scopa»), qui non ballerino ma noleggiatore di videocassette…

In conclusione, se “X” ha la statura di opera completa, “a sé”, conturbante, articolata e spiazzante come dev’essere un film d’autore, i capitoli che gli si sono agganciati davanti e di dietro sono rivolti innanzitutto – come da probabile strategia produttiva – a quelli che quel piccolo capolavoro avevano particolarmente apprezzato, non mirando pertanto a conquistare – soprattutto “Pearl” – ulteriori fasce di pubblico. L’imbuto si era notevolmente ristretto appunto con “Pearl” – davvero film da “mezzanotte e un quarto” della Mostra del Cinema di Venezia 2022 –, torna ad allargarsi ora ma non abbastanza. Abbastanza per avvincere ed intrattenere lo spettatore, non per ambire a insidiare la netta superiorità di “X”.

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