Stranger Eyes evoca il “Grande Fratello” varcando i confini tra voyeurismo e privacy
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Quanto è piccola e quanto è controllata Singapore! Viene proprio da scriverlo guardando il film di Yeo Siew Hua (regista molto caro ai cinefili per il suo A Land Imagined)in uscita il 14 novembre sul grande schermo dopo il successo riscontrato all’ultimo Festival di Venezia.
D’altra parte lo ha dichiarato lo stesso Yeo Siew Hua: “A Singapore esiste un vero e proprio regime di sorveglianza”. E insieme alle immagini del controllo di polizia, ci sono quelle registrate da videocamere, cellulari, webcam, le dirette streaming dei vari social e così via. Insomma, un unico Grande Fratello che tutto controlla, registra, archivia. Ma chi sono le figure in quelle immagini? Cosa diventano per chi le guarda? Sono le domande che stanno alla base di Stranger Eyes – Sguardi nascosti, uno pseudo thriller che tira in campo George Orwell in chiave moderna tra voyeurismo e privacy.
La storia è quella di una giovane coppia sconvolta dalla misteriosa scomparsa della figlia, sottratta al padre che l’aveva portata al parco giochi e dove scompare proprio per colpa sua distratto dal telefono. La polizia è sul caso ma non riesce a capire dove sia finita la piccola Bo, chi l’abbia potuta rapire e perché. Improvvisamente però la coppia inizia a ricevere dei dvd in cui scoprono di essere stati spiati nella loro vita quotidiana, persino nei momenti più intimi e che la cosa va avanti da diverse settimane. La polizia, nel tentativo di catturare il voyeur, mette in atto una video sorveglianza intorno alla loro abitazione, ma ciò che emerge dai filmati alla fine termina per distruggere definitivamente l’equilibrio della famiglia.
La storia della scomparsa della bambina è in definitiva il pretesto per analizzare e scandagliare la vita dei protagonisti. Non solo la giovane coppia ma soprattutto quella di “chi li osserva” una giovane guardia giurata di un supermercato interpretato da Lee Kang-sheng, attore taiwanese di straordinaria bravura e che dà spessore al film. Perché per oltre due ore lo spettatore si fa una sola domanda: perché? E giungendo solo alle fine riuscirà ad annodare tutti i pezzi del puzzle (che ovviamente non possiamo rivelare).
C’è la “pazienza” del poliziotto per arrivare alla verità che in definitiva è sempre sotto i nostri occhi, basta solo saperla interpretare. Quelle “telecamere” che riprendono e fotografano tutto e che se puntate fisse sulla nostra vita possono arrivare a svelare segreti inconfessabili. “Bisogna solo tenere d’occhio un uomo. Anche se non è un criminale, lo diventerà” spiega il poliziotto quando ha risolto il caso. Ma non è solo questo Stranger Eyes il film piano piano lascia in disparte il sequestro della bambina per concentrarsi sulle strane simmetrie – una sorta di gioco di specchi – che uniscono i destini dei due uomini: il marito e il voyeur. Fino a ritrovarsi entrambi persi in una storia forse più grande di loro. Va visto Stranger Eyes, forse un po’ troppo lungo, forse un po’ troppo lento per i ritmi dei nostri film, ma di certo parla di noi, dell’era digitale che pervade le nostre vite fino a mutarla, a confonderla, dove una diretta social non può mai essere la vita reale. O no?
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