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Diamanti, film con il quale Ozpetek consacra la donna quale pilastro portante della vita

Diamanti, film con il quale Ozpetek consacra la donna quale pilastro portante della vita

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Un regista convoca le sue attrici preferite, quelle con cui ha lavorato e quelle che ha amato: vuole fare un film sulle donne ma non svela molto il contenuto: le osserva, prende spunti, si fa ispirare, finché il suo immaginario non le catapulta in un’altra epoca, in un passato in cui il rumore delle macchine da cucire riempie un luogo di lavoro gestito e popolato da donne, dove gli uomini hanno piccoli ruoli marginali e il cinema può essere raccontato da un altro punto di vista: quello del costume.

Tra solitudini, passioni, ansie, mancanze strazianti e legami indissolubili, realtà e finzione si compenetrano, così come la vita delle attrici con quella dei personaggi, la competizione con la sorellanza, il visibile con l’invisibile.

E’ questo il film, il quindicesimo, che il regista turco dirige ed è ambientato all’interno di una sartoria che realizza abiti per il cinema: diciotto attrici italiane che partecipano alla realizzazione di una pellicola assolutamente nuova nel modo di essere e nel modo di apparire in quanto l’ambiente è del tutto particolare, quasi avulso dai soliti, realizzato con l’estro e l’ingegno di Ozpetek che qui è anche in veste di soggettista, scenografo, regista e che dimostra se mai ve ne fosse bisogno quanto sia abile nel gestire una storia semplice ma complessa al tempo stesso, ambientata sul finire degli anni’70 con due sorelle amiche – nemiche ( ma sorelle ) che gestiscono una grande sartoria specializzata in abiti per il cinema e che hanno alle dipendenze sarte, costumiste, disegnatrici delle quali Ozpetek traccia i singoli personaggi, le singole storie quasi tutte fatte di tristezza ma sostenute anche con quell’allegria e con quell’ottimismo che soltanto il nostro è in grado di porre in essere.

Ed è proprio l’ottimismo, anche quello più nascosto, insito nell’animo della donna, che il regista riesce a far emergere con uno studio particolareggiato dei caratteri e delle vite di ognuna delle dipendenti descrivendo le loro storie, le loro ansie, le loro preoccupazioni, le vite intime, i disagi, le speranze, le tragiche decisioni adottate per sopravvivere ad un mondo apparentemente meraviglioso ma macchiato da tante cattiverie.

Ozpetek analizza le sorelle Canova ( le proprietarie dell’atelier ) in maniera discreta ma altrettanto sottile, raffinata; analizza altresì i problemi della capo sarta Nina, della ricamatrice Eleonora, di Beatrice, di Carlotta, di Paolina, di Nicoletta ( che arriva a “ disfarsi “ del marito che la picchiava ) ma anche di Fausta ( perennemente alla ricerca di un maschio ) ed introduce nel contesto Giuseppina ( una stagista alle prime armi ) delle quali traccia, seppure non in maniera evidente, i caratteri, le speranze, le delusioni.

Tra le protagoniste del film particolare risalto meritano Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, le due proprietarie della sartoria, una autoritaria e l’altra remissiva ma comunque legate da un grande vincolo di sorellanza, vincolo che emerge soltanto verso la fine del film e che appare ancor più evidente perché poco evidenziato; come pure rilevante ed inaspettata è la parte della cuoca che Mara Venier recita con grande passione e con un immenso amore verso il prossimo.

Stupendi i dettagli delle lavorazioni all’interno della sartoria, i colori, la fotografia e dettagliatissimi i particolari di personaggi che ruotano intorno alla vicenda narrata, quasi a condirla con siparietti perfettamente interpretati da attrici datate quali ad esempio Carla Signoris nella parte  di una nobildonna con un passato di attrice di teatro che viene “ contestata “ da una giovane attrice di cinema e che poi la bontà di Ozpetek fa diventare amiche nel corso di una di quelle tavolate che a volte precedono ed a volte chiudono i suoi film, tavolate che vogliono indicare serenità, amicizia, perdono se necessario; proprio come l’intera pellicola – che non a caso porta il titolo di “ Diamanti – proprio come le preziose pietre che il regista assimila alle donne.

 

 

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