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BABY DRIVER: il cinema d’autore incontra il divertimento

BABY DRIVER: il cinema d’autore incontra il divertimento

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Baby deve saldare un pesante debito con Doc (Kevin Spacey), criminale insospettabile che organizza rapine. Per farlo si serve della sua più grande abilità: guidare l’auto dei rapinatori dopo il colpo mentre ascolta musica dal suo iPod. L’incontro amoroso con Debora porta però Baby a voler chiudere con quel mondo, ma quando il ritiro sembra alle porte, ecco che Doc tornerà ad intralciare i progetti del giovane autista.

Va subito detto che Baby Driver, scritto e diretto da Edgar Wright ( L’alba dei morti dementi; Ant -Man), è un film davvero eccezionale; di quelli che fanno bene al cinema per la capacità di imporsi sulla scena senza strizzare l’occhio allo spettatore con regie da Blockbuster e colpi di scena facili e prevedibili. La forza di questa pellicola sta infatti nel mescolare commedia romantica e azione proponendo un heist movie esilarante e al contempo autoriale. Non sono ammessi né esuberi di slow-motion né di velocizzazioni. Wright punta semmai su lunghi piani sequenza, su un ritmo delle immagini febbrile e concitato, e soprattutto su un montaggio sonoro davvero sorprendente. Ogni movimento di macchina, qualsiasi azione dei personaggi è accompagnata puntualmente da una colonna sonora che genera assonanze perfette ed esaltanti (memorabile, tra le sequenze iniziali, quella in cui Baby passeggia per la città a ritmo di musica soul). Come non parlare, però, della maestria con cui sono state girate le scene d’azione: inseguimenti a rotta di collo fra automobili che sfrecciano in città, senza che ci sia invasione alcuna del digitale. Telecamere nell’abitacolo e montaggio frenetico ne fanno un’opera lontanissima da film tipo Fast and Furious, cercando di creare, nonostante le sbandate e i testacoda nauseanti, atmosfere più credibili e meno fumettistiche. Non mancano, tra le altre cose, tocchi autoriali come una scrittura a volte grottesca e sopra le righe, un esplicito amore per lo splatter e una fotografia (nel finale tendente a tonalità rosse) di tarantiniana memoria.

Baby Driver è in buona sostanza un film che racconta una storia semplice in maniera assai originale. E lo fa proprio attraverso lo strumento più importante che il cinema ha a sua disposizione: la regia; che con la potenza e la creazione delle immagini riesce a farci sorridere, fomentare e riflettere anche sulla sfera dei nostri stessi affetti.

Luca Di Dio

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